Secondo Michele Spanò, filosofo che insegna alla Scuola di alti studi in scienze sociali di Parigi, la distinzione tra il diritto “pubblico” e quello “privato” va profondamente ripensata.

Nata all’inizio dell’ottocento per istituire “l’equivalenza tra la società e il mercato degli scambi”, per dare forma alla politica nello stato-nazione liberale, questa separazione è entrata rapidamente in crisi a causa di quello stesso capitalismo che avrebbe dovuto sostenere. Oggi non contribuisce a migliorare le condizioni degli individui né al benessere delle istituzioni, anzi impedisce di forgiare nuovi strumenti giuridici per governare meglio la realtà. Tuttavia, proprio perché storicamente determinata, frutto di una fase precisa, si tratta di una trappola dalla quale si può uscire.

Spanò prova a farlo cercando nel diritto privato di ieri e di oggi gli istituti capaci di proteggere gli interessi di gruppi e collettività garantendo la soddisfazione dei bisogni fondamentali. Parte dalla riesumazione di dibattiti apparentemente lontani per piegarli a riflessioni attuali: in positivo, sulla tutela, l’autonomia privata, la common law; in negativo, sulla sovranità, la corporation e il diritto soggettivo. Così propone idee utili per rifondare la politica a partire da quei tribunali le cui decisioni, sentenza dopo sentenza, cambiano le vite delle
persone. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1458 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati