Mentre la Russia continua le sue operazioni vergognose in Ucraina, annettendo le quattro regioni orientali e meridionali occupate dalle sue truppe, si moltiplicano le congetture sulla possibilità che la Cina stia cercando di prendere le distanze da Mosca.

Gli opinionisti convinti di questa ipotesi citano le parole pronunciate dal presidente russo Vladimir Putin il 15 settembre in Uzbekistan, in occasione del vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. Dopo aver parlato con il presidente cinese Xi Jinping, Putin ha detto di comprendere “i dubbi e le preoccupazioni” di Pechino sulla guerra, ammettendo così il disagio del governo cinese. Forse Putin ha dovuto fare questa dichiarazione dopo la diffusione non concordata con Pechino di un commento fatto all’inizio di settembre da Li Zhanshu, presidente del comitato permanente del congresso nazionale del popolo di Cina. Il funzionario avrebbe riferito a un gruppo di parlamentari della duma che la Cina “comprende e sostiene la Russia”, soprattutto “per quanto riguarda la situazione in Ucraina”, parole che hanno provocato agitazione in tutto il mondo.

Le osservazioni di Li non sono state commentate da Pechino, ma fonti vicine alla diplomazia cinese rivelano che la mossa del Cremlino ha infastidito il partito. Pechino temeva che le parole di Li mettessero in dubbio la sua neutralità sul conflitto, suggerendo un sostegno esplicito all’aggressione russa. Riconoscendo i “dubbi e le preoccupazioni” della Cina, Putin ha cercato di placare questi timori.

L’apice dell’alleanza sino-russa è stato raggiunto il 4 febbraio, quando Putin e Xi hanno firmato a Pechino una dichiarazione congiunta per suggellare la loro amicizia “senza limiti”. Ma dopo l’invasione dell’Ucraina Xi ha imposto restrizioni alla cooperazione tra i due paesi. Secondo un alto funzionario del governo statunitense, Pechino è stata attenta a non prestare aiuti che avrebbero infranto le sanzioni occidentali. Pur acquistando energia dalla Russia, la Cina non ha fornito armi o prodotti ad alta tecnologia al suo vicino settentrionale. E Mosca avrebbe espresso tutta la sua frustrazione per il limitato sostegno cinese.

Un lungo confine

Ci si chiede però se la Cina aumenterà la sua distanza dalla Russia e, se sì, di quanto. Il futuro delle relazioni sino-russe è stato al centro di una conferenza internazionale che si è svolta all’inizio di settembre a Tbilisi, in Georgia. Gli esperti si sono divisi grosso modo in due gruppi.

Per il primo, la stretta alleanza tra Russia e Cina fallirà a causa delle divergenze sugli interessi strategici di lungo periodo. La Russia sta cercando di costruirsi un futuro distruggendo l’ordine esistente. Al contrario la Cina vuole ampliare la sua influenza su altri paesi e sulle organizzazioni internazionali agendo all’interno del sistema. Il secondo gruppo sostiene invece che Russia e Cina resteranno stretti alleati perché condividono l’obiettivo comune di contenere gli Stati Uniti. Questo punto di vista sembra più realistico: è improbabile che Pechino tagli i ponti con Mosca, almeno a breve o medio termine. Le ragioni sono due. La prima è di natura geografica: i due paesi condividono circa 4.300 chilometri di frontiera terrestre. Cina e Russia sono state spesso ai ferri corti negli anni sessanta e nel 1969 hanno combattuto una vera guerra di confine.

Se Pechino abbandonasse la Russia il risentimento di Mosca durerebbe decenni, un vero e proprio incubo strategico per la Cina, che si troverebbe in conflitto con gli Stati Uniti sul fronte pacifico e con la Russia a nord. Anche a metà degli anni novanta, quando i due paesi cominciarono a rafforzare la loro amicizia, alcuni funzionari cinesi mostrarono cautela. “A differenza degli Stati Uniti, che sono separati dalla Cina dal Pacifico, la Russia è un paese con cui la Cina condivide un lungo confine terrestre”, dichiarava all’epoca uno di loro in un’intervista. “La Russia potrebbe cercare di ampliare la sua sfera di influenza, facendo crescere le tensioni con la Cina. Questo paese continuerà a essere la nostra principale fonte di preoccupazione”.

L’intervista risale agli anni novanta, quando Boris Eltsin era presidente. Alla luce delle continue minacce nucleari e del comportamento violento di Putin, è probabile che la Cina stia avvertendo una minaccia ancora più forte.

Il secondo motivo per cui è plausibile che l’alleanza regga è l’esistenza di un nemico comune: Washington. La Cina vuole diventare una superpotenza alla pari con gli Stati Uniti entro il 2050 e per Pechino la Russia è l’unico alleato forte disposto a supportarla nella sua lotta contro gli americani. Se la Russia dovesse crollare a causa della sconfitta in Ucraina, la Cina dovrebbe affrontare l’occidente da sola. Sarebbe un ritorno all’epoca in cui, dopo la frammentazione dell’Unione Sovietica nel 1991, la Cina era l’unica potenza socialista.

Per impedire l’avverarsi di questo scenario, Pechino dovrà continuare a fornire sostegno diplomatico ed economico a Putin, contenendo però gli aiuti militari. In cambio la Russia potrebbe promuovere gli interessi cinesi su Taiwan e sulle isole Senkaku, amministrate dal Giappone ma reclamate dalla Cina con il nome di Diaoyu. Per impedire che i legami tra Pechino e Mosca si stringano ancora di più, l’occidente deve assicurarsi che la Cina non violi le sanzioni contro la Russia. Questo atteggiamento potrebbe limitare la cooperazione tra i due paesi e farli entrare in disaccordo. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1482 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati