In Georgia le proteste più efficaci nascono sempre spontaneamente. Mentre il 28 novembre i leader dell’opposizione discutevano su come rispondere alla decisione del primo ministro Irakli Kobakhidze di sospendere i negoziati con l’Unione europea, i georgiani scendevano in piazza, non solo nella capitale Tbilisi. Le proteste sono in corso anche a Batumi, Gori, Kutaisi, Telavi e Zugdidi. Perfino nella piccola e nota cittadina turistica di Sighnagi. A Kutaisi e a Batumi ci sono stati anche scontri con la polizia e arresti.
La presidente Salomé Zourabichvili appoggia le manifestazioni, affermando che è in atto un colpo di stato, perché le autorità hanno ripetutamente violato la costituzione: prima truccando le elezioni di ottobre, poi abbandonando il processo di integrazione europea, garantito dall’articolo 78 della carta costituzionale. “Il governo ha aggirato la costituzione per obbedire al Cremlino. I cittadini hanno quindi non solo il diritto, ma anche l’obbligo di ripristinare l’ordine costituzionale. Per farlo ci sono due modi: far sì che il governo torni ad agire nel rispetto della costituzione o, in caso contrario, rimuoverlo”, ha affermato il politologo Gia Khukhashvili. A Batumi un manifestante è stato ancora più efficace: “Se non faranno marcia indietro, non solo non entreremo in Europa, ma non saremo nemmeno più un paese sovrano: diventeremo la Russia o la Bielorussia”.
Il governo ha risposto alle proteste mobilitando migliaia di agenti della polizia e delle forze speciali, che intervengono a volto coperto e senza segni di riconoscimento. Il deputato dell’opposizione Aleko Elisashvili ha denunciato l’aggressività degli agenti e li ha chiamati tituški, come i picchiatori usati in Ucraina dal regime di Viktor Janukovyč ai tempi della rivolta di Euromaidan, nel 2013. Ma per le autorità il problema è che in piazza ci sono molti più manifestanti che poliziotti. Sono così tanti che possono essere dispersi solo con i cannoni ad acqua. Dopo le grandi proteste della primavera scorsa il ministero dell’interno lo sa bene, per questo si è dotato di strumenti nuovi e più potenti, che spruzzano getti d’acqua mescolata a spray urticante e altre sostanze chimiche, provocando bruciori, tosse e soffocamento.
Su viale Rustaveli
Dal 28 novembre ogni notte a Tbilisi la situazione si presenta così: una grande folla è riunita davanti al parlamento, il traffico è bloccato e non ci sono tribune per i politici, che si mischiano ai manifestanti. Come Nika Gvaramia, tra i leader dell’opposizione: “Oggi tutti i politici sono qui, perché fare politica vuol dire lottare per la Georgia”, dice (Gvaramia è stato picchiato e arrestato il 4 dicembre). Una volta riempita la piazza, la gente si dirige verso gli ingressi laterali del parlamento, dove la polizia forma un cordone. I manifestanti chiedono agli agenti di passare dalla loro parte. Alcuni reagiscono sorridendo, imbarazzati. Le forze speciali, invece, hanno il volto coperto, minacciano, fanno gesti per mostrare di aver “memorizzato” alcune persone e le filmano con i cellulari.
Di solito questa fase termina con la polizia che respinge la folla verso la piazza. Poi, a un certo punto, appare un cannone ad acqua e si sente un segnale di avvertimento: le persone scappano, riprendono fiato e dopo mezz’ora sono di nuovo al loro posto. Quasi nessuno lascia la piazza. I manifestanti si sistemano davanti alla polizia e cantano l’inno della Georgia, scandendo la parola Sakartvelo (Georgia in lingua georgiana). Quando le forze speciali stanno per caricare, molti sollevano le mani per mostrare di essere disarmati.
Disperdere la gente, anche se disarmata, non è facile. Le forze speciali usano la violenza: isolano qualcuno, lo trascinano fuori dal gruppo e lo picchiano brutalmente. Per evitare che altri accorrano in suo aiuto, spruzzano ovunque gas al peperoncino. Al che dal corteo cominciano a volare i petardi. L’aria è impregnata di goccioline d’acqua e spray urticante, e sa di polvere da sparo. Tutt’intorno i manifestanti hanno eretto barricate portando tavole di legno, bidoni della spazzatura, scooter, panchine e ombrelloni dai bar vicini.
Ci si riscalda ai fuochi accesi un po’ ovunque. I più giovani restano fino al mattino, hanno protezioni antigas ed evidentemente sono più veloci della polizia. Muoversi in fretta è importante, perché i poliziotti non si fermano davanti a nulla: entrano negli androni dei palazzi, nei cortili, nei negozi. Addirittura nelle chiese. “In Georgia non ci sono più posti sicuri: i robocop (gli agenti antisommosssa) inseguono i manifestanti ovunque per picchiarli e arrestarli. Potere filorusso, metodi russi”, ha scritto su X la presidente Zourabichvili dopo la prima notte di manifestazioni. Ma non si è limitata a postare messaggi: ha partecipato anche lei alla protesta, il primo giorno, davanti al parlamento. Si è avvicinata a due agenti speciali e gli ha chiesto: “A chi avete giurato fedeltà, alla Georgia o alla Russia?”.
Le proteste in viale Rustaveli cominciano ogni sera alle sette e durano circa dodici ore. La polizia interviene a mezzanotte e gli scontri finiscono tra le 8 e le 9 del mattino. E giorno dopo giorno il numero dei manifestanti cresce.
La prima notte i deputati dell’opposizione sono stati picchiati per aver cercato di filmare dei giovani prelevati dalle forze speciali. La mattina dopo gli agenti hanno effettuato arresti con particolare brutalità: i social media erano pieni di filmati di uomini in uniforme nera che prendono a calci allo stomaco e sul volto persone sdraiate a terra. Dopo queste violenze il primo ministro Irakli Kobakhidze in una conferenza stampa ha ringraziato il ministro dell’interno, affermando che i responsabili degli scontri sono i politici europei e i loro “agenti” locali. Ma soprattutto ha sottolineato che le autorità non permetteranno che a Tbilisi si ripeta una situazione simile a quella del Maidan, la grande protesta ucraina del 2013 che portò alla fine del regime di Janukovyč. “A differenza dell’Ucraina del 2013, la Georgia è uno stato indipendente con istituzioni forti e guidato da persone esperte e sagge. In Georgia non ci sarà nessun Maidan”, ha detto Kobakhidze, quasi citando le parole pronunciate undici anni fa da Janukovyč.
Nel frattempo la presidente Zourabichvili ha invitato l’Europa a “svegliarsi”, pubblicando il filmato del pestaggio di un manifestante. “L’Europa e l’ideale europeo sono brutalmente calpestati da questi burattini russi per le strade di Tbilisi. Svegliati, Europa!”, ha scritto su X. ◆ ab
Ija Bareteli è un giornalista georgiano.
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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati