La mobilitazione cominciata il 16 settembre, dopo che Mahsa Amini è morta sotto la custodia della polizia religiosa, è caratterizzata dal ruolo di primo piano degli studenti. In queste settimane le loro azioni colpiscono le fondamenta dell’oppressione e riguardano tutto l’Iran, diventando dei simboli.

Il governo ha sempre reagito alle proteste studentesche con arresti, espulsioni ed esecuzioni. Perciò oggi ragazze e ragazzi sono consapevoli della necessità di organizzarsi e di sperimentare nuovi metodi di lotta, in modo meno passivo e più strutturato, simile a un partito. Per questo il governo iraniano non riesce a mettere a tacere la loro voce.

I movimenti studenteschi degli scorsi decenni erano segnati da una sorta di paura e indecisione. Molti temevano le conseguenze che il loro impegno poteva avere sul futuro lavorativo. Ma oggi queste esitazioni non hanno più senso, data la diffusione del pessimismo e della mancanza di prospettive.

Durante il movimento verde del 2009 (scoppiato in seguito alla rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, considerata irregolare) molti studenti coltivavano ancora il sogno di un impiego statale, che coincideva con le aspettative dei genitori. Tredici anni dopo, la società ha vissuto cambiamenti enormi in termini economici e occupazionali, e quel sogno è svanito. È stata questa situazione a spingere gli studenti a unirsi al movimento, spesso con il sostegno delle famiglie. Molti sono stati arrestati, alcuni sono spariti e circolano voci sulla loro uccisione. Ma questa repressione ha rafforzato la solidarietà tra gli studenti.

Oggi ragazze e ragazzi vogliono eliminare gli obblighi imposti dal governo nelle università, che per anni hanno limitato le relazioni tra le persone. In questi giorni anche le mense universitarie sono diventate terreno di conquista per gli studenti, che hanno più volte infranto il divieto per uomini e donne di mangiare insieme. Gli studenti stanno rivoluzionando l’approccio all’attivismo: le loro soluzioni per eliminare la segregazione di genere hanno un grande potenziale, dato che avvengono nelle università che, come le altre istituzioni ufficiali, sono particolarmente sottoposte al controllo ideologico del regime.

Un altro scenario

È probabile che la forza iniziale della sollevazione diminuirà e i cittadini vorranno tornare alla normalità. Allora gli studenti dovranno assumere la guida delle proteste, e il movimento, che oggi coinvolge larga parte della società, diventerà studentesco.

Ma è anche possibile che si verifichi un altro scenario. Il governo potrebbe decidere di chiudere le università, come fece durante la rivoluzione del 1979. L’ayatollah Ali Khamenei sostiene che gli scioperi studenteschi siano organizzati da “nemici stranieri” e durante le celebrazioni per il quarantesimo giorno dalla morte di Mahsa Amini le scuole e le università del Kurdistan iraniano sono rimaste chiuse. L’uso di una misura simile per sopprimere le rivolte non è da escludere. ◆ av, mv

Jooya Arvin è un ricercatore e studioso esperto di scienze umanistiche. Radio Zamaneh è una piattaforma indipendente in persiano con sede ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Dal 2006 pubblica analisi, reportage e commenti a sostegno dei diritti umani e della società civile iraniana.

Da sapere
L’arresto dei giornalisti

◆ Dopo la mobilitazione del 26 ottobre 2022 per celebrare la fine del periodo di lutto di quaranta giorni dalla morte di Mahsa Amini, le proteste sono proseguite in tutto l’Iran anche nei giorni successivi. Gli studenti hanno manifestato sfidando l’avvertimento a “non scendere in strada” del generale Hossein Salami, capo dei Guardiani della rivoluzione. Secondo l’ong Iran human rights, dal 16 settembre almeno 253 persone sono state uccise nella repressione del regime, e migliaia sono state arrestate, tra cui giornalisti, studenti, avvocati e attivisti. Il 30 ottobre trecento giornalisti iraniani hanno firmato un comunicato condannando l’arresto dei loro colleghi. Molti sono detenuti per essersi occupati delle proteste e sono accusati di essere “agenti al servizio” di altri paesi. Iran Wire


Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1485 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati