Sul sentiero c’è un uomo con giacca mimetica, binocolo a tracolla e una macchina fotografica con uno zoom piuttosto grande. Emilio Rodríguez, 38 anni, abbassa il finestrino e gli chiede se ha visto qualcosa. “Ancora no”.

Proseguiamo il nostro giro del parco naturale Sierra de Andújar, in Spagna. Dopo una curva si apre una vista straordinaria sulla vallata. Sul ciglio della strada ci sono un pulmino e una macchina, poco più avanti un fuoristrada. Accanto ai veicoli alcune persone, con binocoli e cannocchiali poggiati su cavalletti, scrutano la montagna.

“Siamo fortunati”, dice Rodríguez, che accompagna un gruppo di turisti. Pochi minuti dopo anche lui posiziona un cannocchiale. I turisti guardano a turno. Su un masso della parete rocciosa, una lince iberica si gode il sole della mattina nella posizione tipica dei felini: zampe anteriori ripiegate sotto al busto e testa dritta. Quando dalla sterpaglia accanto alla roccia compare una seconda lince (la femmina della coppia) il gruppo esulta a mezza voce.

All’inizio degli anni duemila la lince iberica era il felino più minacciato al mondo. In tutta la penisola iberica ce n’erano meno di cento. Un programma di ripopolamento finanziato con fondi europei ha ottenuto ottimi risultati. Oggi nella penisola ci sono più di mille linci, che vivono in vari gruppi. E il loro numero sta crescendo in fretta: l’anno scorso nella regione Castilla-La Mancha – dove si trova anche il parco nazionale Sierra de Andújar – sono nate 208 linci selvatiche.

L’aumento delle linci ha moltiplicato anche gli ecotour per avvistarle nella natura. Nella riserva Sierra de Andújar, l’ecoturismo sta diventando l’equivalente spagnolo del safari. Lo stile è quello africano, con veicoli 4x4 e tende molto grandi e attrezzate per dormire all’interno del parco. Così grazie alla presenza della lince iberica, beniamina del pubblico con le sue orecchie con i ciuffi, anche l’economia locale ci guadagna.

File di ulivi

Nel comune di Andújar ci sono ormai quattro aziende che ruotano intorno alla lince. Emilio Rodríguez, che organizza tour con la Sayr, ha gruppi quasi ogni giorno, e spesso anche due volte al giorno, racconta. Si rivolge soprattutto a turisti spagnoli e vede arrivare clienti da Valencia a Bilbao per visitare il parco naturale. “Normalmente rimangono qualche giorno nella zona di Andújar, dove magari comprano miele locale o mangiano al ristorante”.

Dai punti più alti della riserva naturale si possono osservare, fuori dei confini del territorio protetto, le lunghe file di ulivi, l’altro grande pilastro dell’economia locale. Tuttavia visto che il prezzo dell’olio continua a scendere è un mercato sempre meno redditizio. Per questo la lince è una gradita aggiunta. Rodríguez, impegnato in politica e con un telefono pieno di contatti d’imprenditori della zona, racconta che lui e i suoi amici temevano di assistere allo stesso fenomeno avvenuto in altre zone della Spagna: l’esodo dei giovani che, a causa della mancanza di opportunità di lavoro, vanno a vivere nelle grandi città.

“Il ritorno della lince è stato un miracolo. Non solo perché era praticamente estinta, ma anche perché ora un numero sempre più grande di persone vuole lavorare nell’ecoturismo che gira attorno a questo animale. Dieci anni fa la maggior parte della gente che conoscevo preparava i bagagli per partire. Io invece volevo rimanere qui, vicino alla mia famiglia. E per fortuna oggi molti fanno come me”.

L’obiettivo è mettere in connessione le nuove popolazioni di linci della penisola iberica. I diversi territori, dalla Murcia (nell’est della Spagna) all’Algarve (in Portogallo), dovranno diventare un tutt’uno, in modo da dar vita a una sufficiente varietà genetica e garantire così la conservazione della specie. Per questo obiettivo l’Unione europea ha stanziato venti milioni di euro con il fondo Life. Resta da capire se saranno sufficienti.

Aquile imperiali

Per collegare i territori popolati dalla lince bisognerà creare dei passaggi per la fauna selvatica e aprire alcuni terreni privati, mentre altri dovranno essere espropriati. Non sono solo gli amanti della natura e gli operatori turistici ad accogliere con entusiasmo il ritorno della lince iberica, ma anche i coltivatori spagnoli. Per sopravvivere, le linci mangiano i conigli (in media uno al giorno), che fanno molti danni all’agricoltura. “La lince iberica potrebbe rivelarsi un imbattibile alleato per il settore agrario”, spiega un giornalista della rivista specializzata Agricultores y Ganaderos. Anni fa i conigli erano usati come prede per le linci, ma anche protetti perché ne morivano in grandi quantità a causa di un virus, la mixomatosi. I coltivatori si lamentavano perché non potevano cacciarli dalle loro terre, mentre oggi l’equilibrio sembra essere ristabilito.

Nel gruppo di Rodríguez c’è anche chi scherza sul rapido aumento delle linci in Spagna: tra un po’ bisognerà suonare il clacson per farle spostare dalla strada. Dietro queste parole risuona il sollievo per il successo dell’escursione, culminata nella lunga osservazione della coppia di linci. I fratelli Solás Lara, che insieme gestiscono un’azienda informatica ad Andújar, sono contenti di poter finalmente spuntare l’animale dalla loro lista.

Mentre percorriamo di nuovo il parco nazionale, Rodríguez si ferma ancora un paio di volte per indicare ai suoi passeggeri altri animali selvatici: due aquile imperiali iberiche che fluttuano maestose nel cielo e alcuni daini tra gli alberi. Sul gruppo però è calata la stanchezza e anche l’interesse è diminuito. Ma non importa, il numero uno del parco è stato avvistato, il resto sono trofei minori. ◆ vf

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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati