crisi alimentare

L’Egitto importa la maggior parte del suo grano. Nel 2011 un forte aumento del prezzo del pane fu una delle cause delle proteste che finirono per rovesciare il governo. Ad aprile di quest’anno l’agenzia egiziana responsabile dell’acquisto di questo cereale ne ha comprate 350mila tonnellate al prezzo di 450 dollari a tonnellata. A febbraio l’aveva pagato 252 dollari a tonnellata. Nell’intervallo tra questi due mesi, la Russia ha invaso l’Ucraina. I due paesi sono tra i più importanti produttori di cereali al mondo. Guerra e sanzioni implicano che questi prodotti saranno sempre più scarsi. Ma altri paesi si sono mossi per colmare il vuoto e ne stanno coltivando di più. Questo significa che sono altri fattori a far salire il loro prezzo.

Un’indagine del collettivo di giornalisti Lighthouse reports, a cui ha partecipato anche The Continent, ha rivelato che una delle cause principali dell’aumento dei prezzi alimentari è la speculazione sfrenata. A beneficiarne sono alcuni investitori, che sfruttano le lacune nella legislazione europea e statunitense.

L’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) sostiene che i prezzi dei prodotti alimentari sono in media un terzo più alti del 2021 e hanno raggiunto un record da quando si è cominciato a tenerne traccia nel 1990. Il Programma alimentare mondiale (Pam) prevede che le sue spese per i beni alimentari saliranno del 50 per cento quest’anno: solo per l’Africa occidentale spenderà 136 milioni di dollari in più.

Gestione del rischio

Questa è la terza crisi dei prezzi alimentari degli ultimi quindici anni. La Banca mondiale stima che ogni aumento di un punto percentuale dei prezzi dei prodotti alimentari spinge dieci milioni di persone in condizioni di povertà estrema. Paradossalmente in questo stesso periodo la produzione mondiale di cibo è aumentata. Attualmente le riserve globali di cereali sono superiori di un terzo rispetto a quanto è necessario per nutrire tutti. E questo nonostante l’instabilità politica e i cambiamenti climatici.

Un indicatore di cosa sta succedendo arriva dal mercato del frumento macinato di Parigi, la più grande borsa dei cereali in Europa. Nel 2018 circa un quarto dei contratti alimentari che venivano stipulati erano di natura speculativa. Oggi sono i tre quarti.

Questi mercati permettono di vendere la fornitura futura di prodotti alimentari. Di solito, un agricoltore prevede di raccogliere una certa quantità di grano alla fine della stagione, e il mulino accetta di comprarlo a un determinato prezzo. L’agricoltore così ottiene il denaro per comprare i fertilizzanti e tutto il necessario per la produzione, e poi consegna il grano. Ma ci sono dei rischi: i raccolti possono andare male. Può scoppiare una guerra. Un’annata eccezionalmente abbondante può far crollare il prezzo.

Per gestire i rischi il mulino può vendere un contratto per quella stessa quantità di grano sul mercato dei contratti future, con cui le parti s’impegnano a scambiare una certa merce a un prezzo fissato prima, da pagare in futuro. È a questo punto che può entrare in gioco uno speculatore: un investitore che studia i modelli meteorologici o quelli dei cicli della domanda può scommettere che il prezzo salirà al momento del raccolto e comprare il contratto del mulino. Se il prezzo effettivamente sale, intasca la differenza.

Un livello sano di speculazione permette agli agricoltori e ai compratori di cereali di proteggersi dai rischi e di rendere le loro entrate più prevedibili e stabili. Ma la speculazione può spingersi oltre: quando raggiunge un livello eccessivo, la domanda da parte degli investitori che cercano di trarre profitto da un aumento previsto del prezzo può causare una crescita del prezzo dei contratti future, che va oltre la legge della domanda e dell’offerta. E siccome i prezzi di questi contratti sono usati come parametro di riferimento per quelli effettivi del grano, questo influisce sul prezzo del cibo.

Da sapere
A stomaco vuoto
Percentuale di famiglie che hanno saltato i pasti durante l’anno, paesi africani selezionati, anni 2019-2021 (fonte: afrobarometer)

Questo tipo di speculazione implica che al costo del cibo si applica una logica diversa. Dall’inizio del millennio gli investitori istituzionali, come i fondi pensione, hanno puntato sempre di più nei mercati dei future, come forma di copertura contro l’inflazione. Questo, a detta degli esperti, ha fatto sì che il prezzo di questi contratti fosse dettato dalle loro decisioni d’investimento, che nulla hanno a che fare con i fondamentali del mercato.

Normalmente i prodotti alimentari si comprano con l’aspettativa che poi possano essere venduti realizzando un guadagno. Più sono abbondanti, più saranno economici, generando meno profitti. Questo vuol dire che i loro prezzi cambiano gradualmente da un anno all’altro, quando nel mondo inondazioni e siccità si alternano ad annate di raccolti ecce­zionali.

Ma una speculazione eccessiva da parte di investitori che trattano il cibo come una merce cambia le cose. La domanda e l’offerta non sono più i principali arbitri del prezzo. Negli ultimi quindici anni, nonostante l’offerta mondiale sia rimasta costante, la speculazione ha fatto in modo che i prezzi subissero oscillazioni estreme.

Fondi predatori

Parlando con i giornalisti di Lighthouse reports, Olivier De Schutter, relatore speciale dell’Onu sulla povertà estrema e i diritti umani, e copresidente del gruppo internazionale di esperti sui sistemi alimentari sostenibili, ha affermato che i fondi “scommettono sulla fame e peggiorano la situazione”.

Tra gennaio e aprile due di questi fondi, gestiti dalla Teucrium e dalla Invesco, hanno attirato almeno 1,3 miliardi di dollari d’investimenti. Di questi, 589 milioni di dollari sono arrivati nella prima settimana di marzo. In confronto, in tutto il 2021 avevano ricevuto 200 milioni di dollari. Le azioni della Teucrium sono andate a ruba.

Lo scorso ottobre il manager del fondo per il grano della Teucrium ha scritto sul sito dell’azienda: “Mentre l’inflazione alimentare minaccia d’influire negativamente sull’economia mondiale, gli investitori informati potrebbero potenzialmente guadagnare da una tendenza che vede i prezzi in aumento”.

In un rapporto pubblicato all’inizio di maggio, il gruppo di De Schutter indica “la finanza predatoria che scommette sul cibo” e “sui prezzi degli alimenti” come un fattore che determina i prezzi alti. Nella sua risposta al consorzio, la Teucrium si è limitata a dire: “I flussi d’investimento nelle materie prime stimolano la produzione, l’efficienza e gli investimenti, determinando un’offerta di prodotti (alimentari) più affidabile e una ridotta volatilità dei prezzi nel tempo”.

La Invesco ha citato il cambiamento climatico come causa della fluttuazione dei prezzi, affermando: “I fattori economici fondamentali – le condizioni di domanda e offerta del mercato – forniscono la spiegazione più logica per le recenti tendenze nei prezzi dei prodotti”.

Il 5 maggio è stato pubblicato il sesto Rapporto globale sulle crisi alimentari. Risultato di una collaborazione tra diverse organizzazioni, tra cui il Pam, rileva che ventuno dei novanta milioni di abitanti della Repubblica Democratica del Congo vivono in una situazione di crisi alimentare. Significa che saltano i pasti e consumano tutti i loro risparmi per mangiare. Altri sette milioni sono in emergenza alimentare, cioè rischiano di morire per la fame. Il rapporto prevede che quest’anno i rincari dei generi alimentari aggraveranno il problema in molte parti dell’Africa, soprattutto nel nord della Nigeria, in Burkina Faso, Niger, Kenya, Sud Sudan e Somalia.

Le conseguenze della speculazione sugli aumenti dei prezzi alimentari non sono ben studiate. Anche se mettono a rischio la capacità delle persone di sfamare le proprie famiglie, i mercati – in prevalenza occidentali – non sono tenuti a divulgare i loro dati nel dettaglio. Quando nel 2007 si verificò un’altra crisi dei prezzi alimentari le autorità di controllo in Europa e negli Stati Uniti entrarono in azione. Ma il settore rispose con un’intensa attività di lobby e azioni legali. Normative che già prima non incidevano molto sono state modificate nel 2020 per essere ancora meno efficaci. Di conseguenza, il cibo costa di più e ci sono pochi modi per impedirlo. Nel frattempo, pochi fanno profitti mentre molte persone soffrono la fame. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati