Ricattare e maltrattare: l’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump è ricorsa a questi metodi per cercare di sottomettere Volodymyr Zelenskyj alla sua volontà. Il 3 marzo, tre giorni dopo il burrascoso incontro tra il presidente degli Stati Uniti e il suo collega ucraino, la Casa Bianca ha offerto un nuovo inaspettato regalo a Mosca. Ha deciso di congelare tutte le forniture di armi e munizioni all’Ucraina, vittima dell’invasione russa dal 2022.
In tre anni gli Stati Uniti hanno speso 67 miliardi di dollari (64 miliardi di euro) in aiuti militari a Kiev. Oggi l’amministrazione statunitense ha smesso di trattare questo paese come un alleato, preferendo umiliarlo e renderlo più vulnerabile. In nome di una presunta equa preoccupazione per i morti di entrambe le parti, Trump vuole imporre un cessate il fuoco con ogni mezzo. Così facendo volta le spalle sia alla vittima sia agli europei che fanno parte della Nato e che hanno rinnovato il loro impegno nei confronti dell’Ucraina. Ci sono ancora da usare circa 3,8 miliardi di dollari di fondi già stanziati dal congresso per attingere nelle scorte del Pentagono. Nel periodo di transizione, l’amministrazione Biden aveva cercato di usare il più rapidamente possibile le somme ancora disponibili, ma purtroppo ci sono dei tempi tecnici ormai non riducibili dal punto di vista amministrativo e operativo. Negli ultimi tre anni gli aiuti degli Stati Uniti sono stati in gran parte un sussidio al settore militare-industriale e hanno permesso all’esercito di rinnovare i propri equipaggiamenti, anche se la produzione ha avuto difficoltà a tenere il passo con i nuovi sistemi.
La decisione della Casa Bianca conferma l’abbandono della causa ucraina. Non è una sorpresa, viste le reazioni ufficiali dopo l’interruzione dell’incontro del 28 febbraio nello studio ovale e le parole aspre che sono state scambiate davanti alle telecamere. I consiglieri di Donald Trump e il vicepresidente J.D. Vance hanno alimentato l’idea che Volodymyr Zelenskyj sia un ingrato che non ha espresso abbastanza riconoscenza agli Stati Uniti per il loro sostegno. Dal punto di vista statunitense rappresenterebbe addirittura l’unico ostacolo per raggiungere l’obiettivo più urgente di Trump: la cessazione delle ostilità. “Oggi è chiaro che Zelenskyj non è disposto a impegnarsi nel processo di pace”, ha affermato Vance in un’intervista registrata prima dell’annuncio del congelamento dei fondi il 3 marzo e trasmessa su Fox News. Il vicepresidente ha espresso molti dubbi sulle dichiarazioni pubbliche dei leader europei e ha criticato la loro presunta mancanza di realismo. “Zelenskyj è andato in Europa e molti dei nostri amici europei lo stanno incoraggiando. Dicono: ‘Sei un combattente per la libertà. Devi continuare a combattere per sempre’. Per sempre con cosa? Con i soldi di chi? Con quali munizioni, con quali vite? Il presidente Trump ha una visione molto più realistica quando afferma che questa situazione non può continuare per sempre”.
Capro espiatorio
Secondo la Casa Bianca il capo di stato ucraino sta cercando di prolungare artificialmente il conflitto per tornaconto personale, innanzitutto per restare al potere. In realtà Zelenskyj ha commesso l’affronto di non firmare un accordo sullo sfruttamento dei minerali del sottosuolo ucraino senza avere una garanzia di sicurezza da parte di Washington. Trump, da parte sua, sostiene di aver inventato una forma di deterrenza civile: la presenza di aziende e ingegneri statunitensi sul suolo ucraino sarebbe, secondo lui, sufficiente a privare il Cremlino di ogni desiderio di nuove offensive. Nell’intervista Vance l’ha definito un “investimento a lungo termine nella loro sovranità”. “Non si può venire nello studio ovale e dire: ‘Dateci garanzie di sicurezza’ senza dire a cosa si è disposti a rinunciare. Questa era la pretesa ucraina”. In nessun momento dell’intervista Vance ha menzionato compromessi o concessioni da chiedere al Cremlino.
I rapporti tra Stati Uniti e Ucraina, già tesi a causa della decisione dell’amministrazione di Donald Trump di avviare direttamente con il governo russo negoziati per la fine della guerra, escludendo gli alleati europei e Kiev, sono peggiorati dopo l’incontro fra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj alla Casa Bianca il 28 febbraio. Verso la fine del vertice, organizzato per siglare un accordo che avrebbe concesso agli Stati Uniti parte dei guadagni ricavati dallo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, Trump e il vicepresidente J.D. Vance hanno accusato Zelenskyj di non essere abbastanza grato per l’aiuto ricevuto finora dagli Stati Uniti e di “giocare d’azzardo con la possibilità della terza guerra mondiale”, vista la sua insistenza nel chiedere garanzie di sicurezza agli Stati Uniti per accettare un accordo con la Russia. Il presidente ucraino ha lasciato in anticipo la Casa Bianca e l’accordo sulle risorse è saltato.
Il 3 marzo Trump ha deciso di sospendere temporaneamente l’invio di nuovi aiuti militari all’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno poi anche smesso di condividere le informazioni d’intelligence che negli ultimi anni Kiev ha usato per respingere le forze russe d’invasione e per colpire obiettivi selezionati all’interno della Russia.
Il 4 marzo Zelenskyj ha diffuso un messaggio in cui si è detto disponibile a collaborare con gli Stati Uniti per raggiungere un accordo che metta fine alla guerra. Ha detto che l’incontro alla Casa Bianca “non è andato come avrebbe dovuto” ma ora “è tempo di aggiustare le cose. Vorremmo che in futuro la cooperazione e la comunicazione siano costruttive”. Sempre il 4 marzo, durante il suo primo discorso al congresso dopo la sua rielezione, Trump ha detto di aver apprezzato il messaggio di Zelenskyj, aggiungendo che i due paesi firmeranno presto l’accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie. The Washington Post, Bb c
Da quel giorno i funzionari statunitensi hanno cercato pretesti per attaccare il leader ucraino, pure travisando le sue parole, come se si preparassero a usarlo come capro espiatorio nel caso i loro sforzi diplomatici fallissero. Il 3 marzo Trump ha commentato sul suo social network Truth un lancio dell’agenzia Associated Press in cui Zelenskyj affermava di ritenere la pace ancora “molto, molto lontana”. “Questa è la peggiore dichiarazione che Zelenskyj potesse fare e l’America non lo sopporterà ancora a lungo!”, ha scritto Donald Trump. Poi, nel pomeriggio, ha aggiunto, di fronte ai giornalisti alla Casa Bianca: “Forse qualcuno non vuole fare un accordo, e se qualcuno non vuole fare un accordo penso che quella persona non resterà in circolazione a lungo”.
Oltre a un’intervista rilasciata a Fox News, Zelenskyj ha cercato di inviare segnali di pragmatismo e apertura agli Stati Uniti. Sul social network X il presidente ucraino ha scritto: “È molto importante che cerchiamo di dare davvero sostanza alla nostra diplomazia per fermare la guerra il prima possibile”. Ma ciò che la Casa Bianca vuole, ciò che addirittura esige, sono delle scuse pubbliche in segno di pentimento.
Il 1 marzo, intervistato su Breitbart Radio, il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, che dovrebbe incarnare l’ala responsabile e moderata dell’entourage di Donald Trump, ha paragonato Volodymyr Zelenskyj a “un’ex fidanzata che vuole discutere di tutto ciò che hai detto nove anni fa, invece di fare passi avanti nella relazione”. Secondo quanto ha detto lo stesso Waltz, sono stati lui e il segretario di stato Marco Rubio a consigliare a Donald Trump di mettere alla porta il suo ospite. ◆ sm
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Questo articolo è uscito sul numero 1604 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati