Nell’ultimo anno alcuni dei norvegesi più ricchi sono fuggiti all’estero, temendo le conseguenze dell’imposta patrimoniale introdotta dal governo di centrosinistra. Secondo i dati delle autorità norvegesi, nel 2022 almeno trenta miliardari e milionari si sono trasferiti in Svizzera, dove le tasse sono più basse. È il caso della persona più ricca del paese, l’imprenditore Kjell Inge Røkke. Alcuni si sono trasferiti a Cipro, in Italia e in Canada.

Altri seguiranno il loro esempio, sostenendo che il nuovo regime fiscale ridurrà la competitività della Norvegia. L’ultimo è stato Fredrik Haga, cofondatore dell’azienda di criptovalute Dune, stimata un miliardo di dollari, che è andato a vivere nel cantone svizzero di Zug. “Ho dovuto scegliere: rimanere o permettere alla mia azienda di avere successo? Non è che non voglio pagare le tasse, ma qui si tratterebbe di farlo su soldi che non ho”, ha dichiarato.

Al centro del dibattito c’è la nuova imposta patrimoniale, dell’1,1 per cento al massimo, sui patrimoni netti di valore superiore a 1,7 milioni di corone (162mila euro). Imprenditori come Haga, la cui ricchezza è in larga parte legata alla sua attività, dovrebbero distribuire grandi dividendi (sottraendo risorse all’azienda) o addirittura vendere parte delle loro quote societarie per non rimetterci. Dal momento che la Dune è un’azienda che cresce in fretta ma registra ancora perdite, Haga non aveva la possibilità di distribuire dividendi né voleva vendere. “Dovevo sottrarre soldi all’azienda o andarmene”, ha detto.

Il gruppo di ricchi norvegesi che si è trasferito in Svizzera quest’anno aveva un patrimonio complessivo di 29 miliardi di corone norvegesi (2,7 miliardi di euro) e ha pagato imposte per 550 milioni di corone (52 milioni di euro). Il quotidiano Dagens Næringsliv ha calcolato che l’esodo del 2022 è superiore a quello registrato complessivamente negli ultimi tredici anni. L’imposta patrimoniale norvegese – una delle poche ancora in vigore in Europa, dopo che nel 2018 la Francia ha abolito la sua preferendole un’imposta sulla proprietà – è da tempo al centro di polemiche alimentate dai ricchi. “Distorce le attività produttive sotto molti aspetti”, ha affermato Mathilde Fasting, esperta fiscale del centro studi Civita. “Costringe i proprietari a chiedere alle loro aziende d’incassare dividendi che a volte superano i profitti. Di fatto scoraggia gli investimenti”.

L’imposta patrimoniale divide il mondo politico. La destra vorrebbe abolirla, mentre l’amministrazione di centrosinistra guidata da Jonas Gahr Støre l’ha inasprita e ha anche aumentato le tasse sui dividendi. Secondo Fasting, nel 2022 la patrimoniale sulle aziende è raddoppiata, mentre l’imposta sui dividendi è aumentata del 50 per cento. Presto, inoltre, dovrebbe entrare in vigore un prelievo sui patrimoni in uscita dal paese per scoraggiare la fuga dei milionari.

Un welfare generoso

Il governo non mostra alcun segno di cedimento. Erlend Trygve Grimstad, viceministro delle finanze, ha dichiarato che l’esecutivo non vuole danneggiare le persone e le aziende, ma che i più ricchi devono pagare di più per contribuire a mantenere il generoso sistema di welfare del paese. La Norvegia, ha aggiunto Grim­stad, ha ancora diverse migliaia di milionari, in proporzione maggiore di molti paesi ricchi. “I cittadini beneficiano d’istruzione gratuita, solide infrastrutture nazionali, sanità gratuita, servizi per la prima infanzia gratuiti, generose regole sul congedo parentale e una tassazione sulle imprese in linea con quella di altri paesi. Questo significa che chi ha successo grazie a questo modello sociale deve contribuire più di altri”, ha aggiunto il viceministro.

A differenza dei ricchi in fuga, Nicolai Tangen, che ha lasciato un fondo speculativo a Londra per dirigere il fondo sovrano norvegese, al suo rientro ha dovuto pagare 60 milioni di corone norvegesi (5,7 milioni di euro) in più rispetto al salario che percepisce. “L’ho fatto con piacere. Personalmente sono convinto di ricevere molto in cambio delle tasse che pago”, ha detto. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati