Il presidente tunisino Kais Saied si è recentemente scagliato contro le “orde di migranti clandestini originari dell’Africa subsahariana”. Il 21 febbraio a una riunione del consiglio di sicurezza nazionale ha sottolineato che sono necessarie misure “urgenti” per mettere fine a un “flusso incessante” all’origine di “violenze e crimini”. Questa affermazione di un’aggressività senza precedenti è stata ripresa in un comunicato su Facebook. Il giorno dopo Saied ha ribadito gli stessi concetti, attaccando quelli che vogliono “cambiare la composizione demografica della Tunisia”.

Le sue parole s’inseriscono in un contesto caratterizzato dalla crescita dei discorsi d’odio contro gli stranieri presenti in Tunisia. Formazioni politiche come il Partito nazionalista tunisino, molto attivo sui social network e apertamente xenofobo, chiedono l’espulsione dei migranti subsahariani senza documenti in regola e negli ultimi tempi hanno trovato degli interlocutori all’interno delle istituzioni.

Saied fa leva su questo tipo di retorica quando punta il dito contro “un’azione criminale cominciata all’inizio di questo secolo, che mira a cambiare la composizione demografica della Tunisia”. Nella sua teoria complottista sostiene che l’obiettivo “segreto” sia togliere al paese l’identità araba e musulmana per ridurla unicamente alla dimensione africana.

L’invettiva contro gli immigrati richiama alla mente la minaccia della “sostituzione etnica” formulata dallo scrittore francese Renaud Camus. Dopo essere entrata nel dibattito politico in Francia, questa teoria si è diffusa in altri paesi, arrivando anche in Tunisia. In Francia il leader del partito Reconquête (riconquista), Éric Zemmour, ha apprezzato il discorso di Saied e ne ha approfittato per ripetere il suo appello a espellere chi è entrato illegalmente nel suo paese.

La Tunisia ha circa dodici milioni di abitanti. Secondo le stime del dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite (Undesa), nel paese vivono appena 57mila persone originarie dell’Africa subsahariana. Una stima leggermente più alta, 59mila persone, è stata fatta dall’Istituto nazionale delle statistiche (Ins) e dall’Osservatorio nazionale sulla migrazione, due organismi statali.

L’intenzione è ripartire

La presenza di immigrati in Tunisia non è il frutto di una colonizzazione. Pochi anni fa il ministero degli esteri ha eliminato il visto per i cittadini di alcuni paesi subsahariani per rafforzare gli scambi economici. Queste persone sono entrate in territorio tunisino in gran parte in maniera legale. Molte sono studenti, arrivate grazie a programmi di cooperazione bilaterali. Se, nel frattempo, alcune di loro si sono ritrovate in una situazione d’illegalità è per colpa della burocrazia tunisina, che rende difficile rinnovare il permesso di soggiorno.

Più in generale, l’intenzione degli stranieri che arrivano in Tunisia non è stabilirsi nel paese e colonizzarlo. Per loro è solo una tappa verso l’Europa. Secondo uno studio dell’Ins e dell’Osservatorio nazionale sulla migrazione, quasi due terzi delle persone d’origine subsahariana hanno intenzione di ripartire.

Gli stranieri presenti in Tunisia sono originari di altri paesi del Maghreb (il 37 per cento), di altri stati africani (36,4 per cento) e dell’Europa (18,5 per cento). Nel settembre 2022 l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) censiva 6.068 rifugiati e richiedenti asilo, di cui quasi la metà siriani. Migranti, rifugiati e richiedenti asilo vengono da vari paesi, molti dei quali sono musulmani o hanno un’importante comunità musulmana.

Kais Saied sembra riprendere altre tesi del Partito nazionalista tunisino, quando denuncia l’aumento del numero di chiese gestite da africani subsahariani. Innanzitutto, le libertà di credo e di culto sono garantite dalla costituzione tunisina. Il fatto che immigrati cristiani aprano dei luoghi di culto è solo un esempio della loro intraprendenza, spiega il ricercatore esperto di migrazioni Ali Belhaj: “Hanno dovuto trovare delle soluzioni da soli”. Secondo Belhaj, lo stato tunisino è totalmente assente dalla gestione dei flussi migratori. Saied se la prende con una situazione di cui lui stesso è responsabile.

L’ingresso di persone per vie illegali è dovuto a organizzazioni criminali specializzate nella tratta di esseri umani. I trafficanti agiscono nell’illegalità più totale, derubando chi si rivolge a loro. Secondo il rapporto dell’Ente nazionale per la lotta contro la tratta di esseri umani, nel 54 per cento dei casi le vittime nel 2021 erano straniere, e il 64 per cento di queste erano della Costa d’Avorio. Non sono le associazioni della società civile (anche loro prese di mira da Saied) a incoraggiare l’arrivo dei migranti, ma le reti di trafficanti. I gruppi della società civile tunisina lavorano per migliorare la situazione degli stranieri, per esempio aiutandoli ad aver accesso alla sanità o all’istruzione. Sono diritti garantiti dalla costituzione, indipendentemente dalla nazionalità o dallo status di una persona. La società civile denuncia anche lo sfruttamento economico degli immigrati. Contrariamente alle accuse del Partito nazionalista tunisino, i lavoratori stranieri non rubano posti di lavoro, ma sono impiegati in settori snobbati dai tunisini.

Saied li accusa di violenze e criminalità senza basarsi su dati o fatti. Le sue dichiarazioni si fondano sui pregiudizi e sul razzismo che oggi abbondano sui social network. Il presidente adotta un linguaggio xenofobo, consegnando i migranti all’ostilità popolare e alla repressione della polizia. ◆ fdl

Da sapere
Non solo parole

◆ Dopo le dichiarazioni del presidente tunisino Kais Saied, negli ultimi giorni le forze dell’ordine tunisine hanno arrestato decine di persone che non avevano i documenti in regola. A Sfax e a Tunisi ci sono state almeno una decina di aggressioni a persone originarie dell’Africa subsahariana. Per questo le associazioni studentesche hanno invitato i giovani stranieri a restare in casa. Il 25 febbraio a Tunisi centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione di solidarietà con i migranti. Lo stesso giorno l’Unione africana ha definito “sconvolgenti” le dichiarazioni delle autorità tunisine. Secondo il sociologo Mehdi Mabrouk, che scrive su Al Araby al Jadid, il presidente Kais Saied deve affrontare una grave crisi economica e “ha trovato negli africani subsahariani un facile capro espiatorio”.


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Questo articolo è uscito sul numero 1501 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati