È mezzanotte e quasi tutti i letti sono occupati. Al Doctors hospital at Renaissance di Edinburg, una città del Texas vicino al confine con il Messico, c’è un reparto dedicato ai malati più gravi di covid-19. Molti pazienti sono isolati, intubati e collegati da un groviglio di cavi ai macchinari che li tengono in vita. Alcuni sono in stanze singole, molti altri sono ammassati in un’ampia sala, separati tra loro da tende. “Quanti ne arriveranno ancora?”, chiede un’infermiera intorno alle undici di sera. Nessuno lo sa.
Alcuni pazienti andranno a casa e continueranno lì la convalescenza. Altri lasceranno l’ospedale per essere seppelliti.
Di recente i comuni della valle del Rio Grande hanno registrato un rapido aumento dei casi di covid-19. Al reparto dedicato del Doctors hospital at Renaissance ne arrivano di continuo. Il 1 luglio dal pronto soccorso ne sono stati trasferiti dieci, il giorno prima erano stati anche di più. Gli infermieri si occupano di tre pazienti alla volta e sono costretti a fare gli straordinari. Una caposala è arrivata alle 6.45 del mattino e alle 22.30 era ancora al lavoro. Un’altra, al quarto turno consecutivo di dodici ore, dice di aver visto cose che non potrà “mai dimenticare”.
“Il problema è che i malati non smettono di aumentare”, conferma l’infermiera Apryle Pelshaw. La notte viene continuamente svegliata dal segnale di emergenza.
È così in tutti gli ospedali della valle del Rio Grande. In questa regione, abitata soprattutto da persone di origine latinoamericana e composta da quattro contee – Cameron, Hidalgo, Starr e Willacy – il numero di pazienti positivi al virus dall’inizio di giugno è passato da 1.391 a 7.600. Il governatore repubblicano Greg Abbott ha ordinato ad alcune strutture ospedaliere di posticipare gli interventi non urgenti già programmati, in modo da liberare posti letto.
Alle fine di maggio vari dirigenti sanitari della regione hanno organizzato una conferenza stampa per denunciare problemi di sovraffollamento e carenza di personale. In alcuni casi vengono ricoverate intere famiglie. Un funzionario sanitario che ha partecipato all’incontro ha scoperto proprio quel giorno di avere il covid-19.
Al pronto soccorso del Valley baptist medical center di Brownsville uno spazio dedicato agli interventi già previsti è stato convertito in reparto covid, ma ora anche quello spazio è quasi pieno. Nel reparto ci sono pazienti intubati, conferma il dottor Jamil Madi, che è anche il responsabile della terapia intensiva al Valley baptist di Harlingen. “Possiamo gestire piccoli focolai, un numero limitato di pazienti. Siamo impreparati per questo flusso prolungato. I pazienti arrivano sempre con gli stessi sintomi. Non riescono a respirare e molti sono in stato confusionale a causa dell’ipossia. Ci sono giovani e anziani. Sono sofferenti e agitati, e non hanno nessun familiare vicino”.
Apertura sbagliata
I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc, la massima autorità sanitaria degli Stati Uniti) hanno comunicato che la percentuale di ispanici ricoverati con sintomi da covid-19 è quattro volte superiore a quella dei bianchi, citando “le disuguaglianze che persistono da molto tempo in ambito sociale e sanitario”.
Gli infermieri sono le uniche persone che sostengono emotivamente i pazienti, perché i familiari non possono entrare nel reparto
Nella valle del Rio Grande, di cui fa parte anche la meta turistica di South Padre Island, il reddito mediano delle famiglie è di 34mila dollari all’anno, quasi la metà della media nazionale. Molti residenti hanno una lunga storia di malattie pregresse che li rende più esposti a forme gravi di covid-19. Da mesi le autorità cercano di ostacolare la diffusione del virus. A marzo avevano ordinato ai residenti di restare in casa e avevano creato posti di blocco per far rispettare i divieti. Ma all’inizio di giugno i contagi hanno registrato un’impennata, dopo che Abbott aveva permesso agli esercizi commerciali di riaprire e proibito alle autorità locali di imporre l’obbligo delle mascherine (il 2 luglio il governatore ha fatto marcia indietro e ha ordinato l’uso della mascherina nelle contee che registrano almeno venti casi). L’aumento dei contagi è stato favorito anche da alcune ricorrenze che hanno prodotto degli assembramenti, come il Memorial day (il giorno di fine maggio in cui si ricordano i caduti in guerra), le cerimonie di diploma e la festa del papà, oltre alla passione dei texani per le grigliate all’aperto.
“Quando sento parlare di complotti, di un virus che non esiste, la mia risposta è sempre la stessa: ‘Venite nel nostro pronto soccorso, dove ci sono cinque persone intubate da tre giorni. Venite a vedere i tre piani che abbiamo dovuto dedicare ai malati di covid. Parlate con tutti gli operatori sanitari che vanno a casa la sera e a ogni colpo di tosse pensano di aver preso il covid”, ha detto alla conferenza stampa il dottor Ivan Melendez, dirigente sanitario della contea di Hidalgo.
A marzo, quando erano emersi i primi casi in Texas, l’azienda Dhr Health (che gestisce gli ospedali e decine di cliniche nella regione) aveva speso nove milioni di dollari per trasformare un centro per malati gravi in un reparto covid. Nelle prime settimane i pazienti ricoverati erano due, quattro o massimo sei. Ma a maggio hanno cominciato a moltiplicarsi. Alla fine di giugno il reparto ospitava quasi ottanta pazienti, e la direzione ha deciso di trasformare una vicina struttura per la riabilitazione in un secondo reparto covid. L’ospedale sta predisponendo decine di nuovi posti letto.
Richard Cortez, giudice della contea di Hidalgo, ha chiesto l’aiuto del governo statale e ha imposto il coprifuoco per evitare assembramenti. “Siamo preoccupati”, ha detto Cortez il 29 giugno. “Non voglio puntare il dito contro il governatore, ma da quando ha deciso di riaprire abbiamo registrato un’impennata dei contagi. Ci avviciniamo alla capienza massima dei nostri ospedali”.
Il personale sanitario è messo a dura prova. Nelle strutture gestite da Dhr
Health otto medici sono in quarantena dopo aver contratto il covid-19. I medici e gli infermieri fanno gli straordinari, mentre gli amministratori rinunciano ai bonus per premiare gli operatori che lavorano senza sosta da settimane. Già a marzo le autorità hanno fatto scorta di equipaggiamenti protettivi e hanno perfino chiesto agli operatori di cucire mascherine.
I reparti dedicati all’epidemia sono separati dalle unità di pronto soccorso, che continuano a curare i pazienti con altre patologie. Chi si presenta con sintomi da covid viene immediatamente trasferito in un’altra struttura per la diagnosi. Se il test diagnostico è positivo e si decide per il ricovero, il paziente viene spostato in uno dei nuovi reparti, dove il personale lavora con turni che vanno dalle sette del mattino alle sette della sera.
Preghiera
Il 30 giugno il turno di notte di Pelshaw comincia nella “sala meditazione” che si trova nell’ex centro per malati gravi. È uno spogliatoio dove gli infermieri si preparano al turno indossando guanti e cuffie. Da lì accede al reparto di malattie infettive, dove i colleghi che hanno lavorato durante il giorno le comunicano le condizioni dei malati. I pazienti sono soprattutto anziani. Alcuni soffrono di malattie molto diffuse nella zona, come il diabete. Le dicono che diversi familiari di un paziente sono risultati positivi. Intorno alle 20.30 Pelshaw riceve la telefonata della figlia di una paziente. Le chiede di pregare per la madre. “Ha idea di quale sia la stanza in cui è ricoverata?”, domanda Pelshaw nel rumore prodotto dalle pompe a perfusione.
“Mentre gli Stati Uniti sono alle prese con la pandemia, con la catastrofe economica e con le proteste contro l’ingiustizia sociale e il razzismo, in molte grandi città si registra un aumento preoccupante della criminalità”, scrive il Washington Post. Nello scorso
weekend quasi dovunque – da New York a Miami fino a Milwaukee – ci sono state più sparatorie del solito. Ma la situazione peggiore si registra a Chicago, dove le sparatorie hanno causato almeno 87 vittime tra feriti e morti. Nella città dell’Illinois i crimini violenti sono cresciuti anche durante il lockdow n, in controtendenza rispetto al resto del paese. Secondo i dati aggiornati all’inizio di luglio, in sei mesi ci sono stati 329 omicidi.
“Negli Stati Uniti l’estate porta sempre con sé un aumento della violenza ma i dati di quest’anno sembrano particolarmente preoccupanti, anche perché tra le vittime ci sono dei bambini”, afferma il Washington Post. La notte del 5 luglio Davon McNeal, 11 anni, è stato ucciso mentre era a una manifestazione antirazzista a Washington. Natalia Wallace, 7 anni, stava festeggiando fuori della sua casa a Chicago quando è stata colpita da un proiettile ed è morta.
Ma in nessuna città la confluenza tra crisi sanitaria, richiesta di giustizia sociale e violenza è così evidente come ad Atlanta, in Georgia. Il 5 luglio una bambina di 8 anni è stata uccisa da un proiettile mentre passava in macchina con la madre vicino al luogo dove il 12 giugno è stato ucciso dalla polizia Rayshard Brooks, un afroamericano di 27 anni. Nelle ultime settimane il luogo è diventato teatro delle proteste contro la polizia. ◆ as
La zona assegnata a Pelshaw ospita i casi più gravi: 23 pazienti di cui 17 intubati, ognuno in una stanza, con un’asta per la flebo fuori dalla porta, in corridoio, in modo da permettere agli infermieri di modificare i dosaggi da lì, riducendo il rischio di contagio. In quella che un tempo era la sala dedicata agli incontri tra i pazienti e i familiari sono ammassati tubi e lubrificanti, oltre a cinque ventilatori disposti in un angolo. La “stanza dei bambini” contiene farmaci refrigerati. I pazienti con forme appena meno gravi sono ricoverati in una grande ala sull’altro lato dell’edificio, dove i letti sono disposti in file e separati da tende blu e bianche. La sera del 30 giugno molti pazienti sono distesi e privi di sensi.
Gli infermieri sono preoccupati anche degli effetti psicologici della pandemia. Nelle ultime due settimane sono morti sei pazienti. Gli operatori sono stati costretti a comunicare il decesso ai familiari, che non avevano potuto andare di persona al reparto. Ma c’è anche la difficoltà di rincuorare i pazienti mentre si è “vestiti come alieni”, sottolinea Pelshaw indicando il suo equipaggiamento protettivo. Per non parlare dei carichi di lavoro o della paura di portare a casa il virus e infettare i familiari.
Angoscia al telefono
Nel reparto c’è uno spazio in cui gli equipaggiamenti protettivi vengono eliminati o messi da parte per essere puliti e riutilizzati. In un altro locale gli operatori possono farsi la doccia prima di andare a casa. La direzione dell’ospedale ha comunicato che al momento nessuno del personale sanitario ha contratto il virus lavorando nel reparto. “Cerchiamo di reggere la pressione, ma appena saliamo in macchina piangiamo”, racconta Pelshaw mentre osserva sui monitor i dati relativi a un paziente.
In tutta la regione gli ospedali hanno un bisogno urgente di personale, non solo infermieri ma anche fisioterapisti, assistenti, specialisti e tecnici. L’aiuto sta arrivando, almeno in parte. Il governo statale ha mandato operatori sanitari nella contea di Hidalgo. Infermieri da altre zone hanno già cominciato a registrarsi negli hotel.
La notte del 30 giugno, all’interno del reparto covid-19 dell’ospedale di Edinburg, gli operatori cercano di inserire un ago nell’arteria di una paziente seguita dall’infermiere Christian Ramirez. La pressione sanguigna della donna è crollata e Ramirez si è affrettato a modificare i dosaggi. Resta a guardare mentre la pressione della paziente si stabilizza. A terra è pieno di guanti. “Non se lo meritava”, sottolinea parlando della donna, che ha due cerotti sulle guance per tenere fermo il tubo endotracheale. “Anche altri due miei pazienti non se lo meritavano”. Tutti e tre hanno avuto bisogno di interventi di emergenza. Due sono collegati ai respiratori, il terzo ha una cannula nasale e una “mascherina per l’ossigeno”.
All’improvviso la pressione sanguigna della donna aumenta, e Ramirez si precipita di nuovo a cambiare i dosaggi. La luce verde del macchinario si riflette sulla sua visiera.
I pazienti che vengono ricoverati nel reparto covid-19 sono gravi e “hanno bisogno di molta attenzione e di una grande quantità di farmaci”, spiega Veronica Gomez, direttrice dell’unità. Di solito, durante ogni turno, si fanno due o tre intubazioni. Un medico racconta di aver intubato cinque persone in una sola mattinata.
Gli infermieri sono le uniche persone che sostengono emotivamente i pazienti, perché i familiari non possono entrare nel reparto. Li aiutano a contattare telefonicamente i parenti. “Possiamo sentire l’angoscia di chi è all’altro capo del telefono”, racconta Gomez, infermiera da più di vent’anni.
Poco prima di mezzanotte arriva l’avviso che un’ambulanza sta portando un altro paziente. Fortunatamente le condizioni di una persona ricoverata sono migliorate abbastanza per trasferirla nella sala riservata ai casi meno gravi. La sua stanza viene disinfettata. Una donna trascina via un sacco di rifiuti. Ramirez comincia portare gli equipaggiamenti necessari. Sta arrivando il nuovo paziente. Troverà Ramirez pronto a occuparsi di lui. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1366 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati