I sostenitori europei di Donald Trump – Giorgia Meloni, Viktor Orbán, Alice Weidel, Eric Zemmour e, in modo più prudente, Marine Le Pen – hanno in comune con il presidente statunitense un mix di populismo e nazionalismo. Il problema è che il nazionalismo di Trump, basato sulla potenza degli Stati Uniti e del loro esercito industriale e tecnologico, ha come obiettivo il vassallaggio o almeno la mercificazione del resto del mondo, unicamente a vantaggio del suo paese (“America first!”). Il nazionalismo degli europei, invece, è circoscritto a ogni singolo paese del continente. In Europa la base delle nostre legittimità resta la nazione. Siamo francesi, tedeschi, ungheresi o polacchi prima di essere europei.
Il problema è che nel mondo del 2025 per affrontare i grandi temi che determinano la vita degli europei – ambiente, commercio internazionale, industrializzazione, immigrazione – la dimensione degli stati europei è insufficiente. All’epoca in cui è emerso il concetto di stato-nazione, tra il settecento e l’ottocento, i confini dei paesi rappresentavano spazi lontani per popolazioni che conoscevano solo il loro ambiente immediatamente circostante. Oggi, invece, le nazioni europee sono spazi dall’orizzonte troppo ravvicinato e chiuso. Le soluzioni dei grandi problemi possono arrivare (a cominciare dalla questione climatica) solo in una prospettiva o molto locale o molto allargata, sicuramente non nel quadro limitato delle nazioni europee.
Eppure i nazionalisti hanno il vento in poppa in quasi tutti i paesi del continente. È uno strano paradosso. La tragica necessità dell’Europa si fa sentire soprattutto oggi, in un momento in cui gli imperi di Russia, Cina e Stati Uniti decidono di attaccare contemporaneamente quello che abbiamo l’abitudine di chiamare “modello europeo”.
Ma questo concetto, che indica un certo modo contrattuale di gestire il rapporto tra le economie, gli stati e le società, sta declinando. La Comunità europea (e poi l’Unione) e i suoi promotori non sono mai riusciti a convincere né i governi né i popoli d’Europa a costruire il quadro di una nuova legittimità continentale. Questo è il momento in cui tutti i sovranisti (un modo gentile di chiamare i nazionalisti) dovrebbero farsi da parte. E invece – utili idioti di Trump, Xi Jinping e Putin – sfilano orgogliosamente in ognuna delle loro piccole nazioni impotenti. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1598 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati