La sfida più grande per arginare la pandemia in Cina si giocherà nelle sue sterminate campagne, dove la popolazione è sempre più vecchia e i medici scarseggiano. E la sfida potrebbe ingigantirsi quando milioni di lavoratori immigrati torneranno nelle loro città di origine per riunirsi con le famiglie in occasione della festa di primavera, il capodanno cinese che comincerà il 22 gennaio.

Negli ultimi tre anni molti di loro non si sono potuti spostare a causa delle restrizioni imposte dalla politica “zero covid”. Ora i movimenti della popolazione aumenteranno: i mercati che anticipano le festività sono affollati e le occasioni di aggregazione sono destinate a moltiplicarsi. L’insieme di questi fattori accelererà la diffusione del virus nelle aree rurali, dove, secondo i miei calcoli, il tasso di infezione può raggiungere il 50 per cento dopo le vacanze. Nel caso di un’epidemia improvvisa, le campagne cinesi potrebbero essere molto più vulnerabili delle metropoli. Con la maggior parte dei giovani che se n’è andata alla ricerca di lavori temporanei, i villaggi sono sostanzialmente abbandonati, eccezion fatta per gli anziani.

A due velocità

In alcune aree, oltre la metà dei residenti ha superato i sessant’anni ed è più a rischio di complicanze. Da un’indagine condotta su 3.371 persone con più di 65 anni di età in un paesino nella provincia centrale dello Shaanxi, per esempio, è emerso che la quota di soggetti a rischio medio-alto superava il 27 per cento: nonostante un tasso di vaccinazione abbastanza buono, oltre un quinto di loro aveva malattie croniche o condizioni di salute instabili. La qualità dell’assistenza sanitaria nella Cina rurale non è minimamente paragonabile a quella delle aree urbane. Molti posti hanno già lamentato gravi carenze di farmaci, saturimetri e test antigenici, per non parlare degli strumenti per la ventilazione polmonare meccanica e di altre attrezzature fondamentali. Un articolo su una città di oltre trentamila abitanti nella provincia centrale dello Henan racconta che, quando i contagi hanno raggiunto il picco, più di trecento persone al giorno avevano bisogno di assistenza ma l’ambulatorio locale aveva appena cinque confezioni di ibuprofene, alcune scatole di granuli contro il raffreddore usati nella medicina tradizionale cinese e un pacco di antibiotici.

Sistema sanitario
I medici sono pochi
Fonte: Financial Times

Prima, per evitare che i malati andassero dal medico o si comprassero i farmaci da soli, diffondendo il virus, un regolamento vietava di ricevere chi presentava sintomi riconducibili al covid, e per alcuni di quelli che hanno infranto la legge ci sono state delle condanne. Più volte nel corso della pandemia, le riserve di antipiretici, antivirali e antibiotici negli ambulatori sono state prosciugate, mentre la loro vendita è spesso stata vietata nelle farmacie.

Curva dell’immunità
Protezione in calo
Popolazione immunizzata contro omicron (stime), percentuale. La protezione ottenuta con il vaccino o l’infezione diminuisce nel tempo. (Fonti: Airfinity/Financial Times)

Quando le restrizioni sono state allentate a molti medici di base mancavano i farmaci. E, poiché il governo ha soffocato la domanda di questi medicinali, le aziende farmaceutiche hanno limitato la loro produzione.

Nelle aree rurali gli ambulatori erano sotto organico già prima della pandemia, ma negli ultimi tre anni il personale è stato sottoposto a una pressione ancora più intensa. Ha dedicato molto tempo a eseguire i test molecolari nei più remoti villaggi di montagna, ad aprire punti di prevenzione e controllo e a tracciare i contatti di primo e secondo grado dei positivi.

Molti medici, inoltre, sono stati trasferiti in altre province. Gli ambulatori delle campagne sono stati in larga parte abbandonati, le risorse si sono notevolmente ridotte e alcuni non hanno nemmeno ricevuto i sussidi governativi. Di conseguenza, molti medici di villaggio si sono dimessi. E a quelli che non vogliono andarsene, poi, spesso mancano la formazione e le competenze per affrontare la pandemia. Molti ricorrono a terapie endovenose, anche se questo metodo non si è dimostrato efficace nel trattamento del covid-19 ed è uno spreco delle limitate risorse medicinali.

Con la fine della politica zero covid, le aree rurali avranno enormi difficoltà a rispondere al bisogno di assistenza sanitaria. Senza farmaci, personale sanitario e competenze specifiche, dovranno lottare con le unghie e con i denti per appiattire la prossima curva. ◆ gim

Xu Yucai è un esperto di sanità che ha lavorato per il governo cinese.

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Questo articolo è uscito sul numero 1494 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati