Ogni europeo usa in media 198 sacchetti di plastica all’anno, ma ci sono grandi differenze tra un paese e l’altro: dai venti del Lussemburgo agli oltre 400 della Bulgaria.

Il 90 per cento dei sacchetti usato è monouso e fatto di materiale leggero: una gran parte finisce nell’immondizia e inquina l’ambiente, soprattutto gli ecosistemi acquatici.

Anche le leggi in merito sono diverse: Danimarca, Francia, Irlanda e Bulgaria impongono una tassa su alcuni sacchetti di plastica; in Germania, Portogallo, Ungheria e Paesi Bassi i negozianti li fanno pagare.

Alcune misure sembrano funzionare: in Irlanda l’introduzione della tassa ha fatto calare il consumo annuale per persona da 328 a 21 sacchetti. In Francia, le iniziative per promuovere le borse riutilizzabili hanno ridotto il consumo di sacchetti leggeri da 10,5 miliardi nel 2002 a 800 milioni nel 2013.

Ma il divieto di usare i sacchetti di plastica è considerato incompatibile con le regole comunitarie in materia di libera circolazione delle merci. Quando nel 2011 l’Italia ha introdotto una legge per impedire l’uso dei sacchetti di plastica, a meno che non siano biodegradabili e compostabili, la Commissione europea ha avviato un’indagine sulla compatibilità con il diritto comunitario.

Ora una nuova direttiva approvata dal Parlamento europeo stabilisce di ridurre il consumo annuo a 90 sacchetti pro capite entro il 2019 e a 40 sacchetti entro il 2025, adottando misure restrittive, come la tassazione e il divieto di distribuire gratuitamente le borse di plastica. Commissione europea

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