14 gennaio 2015 13:00

In Francia il diritto alla libertà di espressione si basa principalmente sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, del 1789, e sulla Convenzione europea dei diritti umani del 1970 (modificata nel 2010).

Secondo l’articolo 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino:

La libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge

Lo stesso principio è previsto dall’articolo 10 della Convezione europea dei diritti umani:

Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario

I limiti posti alla libertà di espressione sono contenuti nella legge francese sulla libertà di stampa del 1881, modificata nel 2014, secondo cui è lecito scrivere e pubblicare quello che si vuole, con delle eccezioni: la diffamazione e l’ingiuria, o l’incitazione all’odio. In particolare è condannata “l’apologia dei reati contro la persona, dei crimini contro l’umanità, l’incitamento ad atti terroristici, la provocazione alla discriminazione nei confronti di persone in base a origine, etnia, nazionalità, razza, religione, orientamento sessuale, handicap”. Gli abusi possono essere puniti: spetta a un giudice decidere se il limite di legge è stato superato.

In passato la giurisprudenza francese ha difeso il diritto della satira “all’eccesso e all’insolenza”. Anche Charlie Hebdo è stato più volte portato in tribunale per le sue vignette (cinquanta processi in vent’anni, di cui alcuni persi). Ma la legge non impedisce di prendere in giro la religione: vieta invece di invitare all’odio contro i fedeli di una religione, o di fare apologia dei crimini contro l’umanità. Per questo motivo Dieudonné è stato condannato più volte per diffamazione e incitamento all’odio razziale (novembre 2007 e novembre 2012), o per “negazione dei crimini contro l’umanità e diffamazione razziale, istigazione all’odio razziale e insulto pubblico” (febbraio 2014). Le Monde

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it