Sono almeno 500mila i migranti salvati dalla guardia costiera dal 1991 a oggi, e 34.500 solo dal 1 gennaio di quest’anno. Più di 80mila dall’ottobre 2013 all’ottobre 2014 dalle navi della marina militare e 40mila dalla guardia costiera nello stesso periodo. Sono i dati forniti dal comandante generale del corpo delle capitanerie, Felicio Angrisano, durante un’audizione al comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen.

“Il concetto di porto oggi si è allargato, non ci occupiamo solo della costa o del mare territoriale”, ha precisato Angrisano, perché “il ministero dei trasporti ha la responsabilità di assicurare soccorso nel Mediterraneo su un’area di 600mila chilometri quadrati”.

Nel suo intervento Angrisano ha spiegato come sono cambiati gli interventi della guardia costiera dopo l’analisi del naufragio del 3 ottobre del 2013: quel giorno il comandante della nave aveva dato fuoco a delle coperte di gasolio per farsi notare da un peschereccio e chiedere aiuto, un gesto che ha provocato l’incendio divampato in tutta la nave, che ha causato la morte di 366 persone. Questo episodio ha cambiato il concetto di “imbarcazione in difficoltà” e diminuito i tempi per valutare la necessità di un intervento della guardia costiera. “Se si individua una nave vecchia, senza equipaggio, senza dotazioni, senza garanzie di sopravvivenza, allora va salvata”, conferma Angrisano.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it