14 maggio 2015 12:27

La situazione in Burundi resta incerta, all’indomani dell’annuncio del generale Godefroid Nyombare, ex capo di stato dei servizi segreti del paese, della destituzione del presidente Pierre Nkurunziza. È ancora impossibile capire chi controlla il paese, mentre nella notte gruppi di soldati rivali si sono scontrati nelle strade della capitale Bujumbura. Colpi d’arma da fuoco ed esplosioni sono state avvertite vicino alla sede della radio e della televisione pubblica. Ecco una cronologia della crisi, che rischia di trascinare il paese in una nuova guerra civile.

Un manifestante e un agente a Bujumbura, il 13 maggio 2015. (Goran Tomasevic, Reuters/Contrasto)
  • A metà aprile cominciano le manifestazioni dell’opposizione e della società civile contro la candidatura del presidente Pierre Nkurunziza per un terzo mandato, che secondo l’opposizione andrebbe contro la costituzione. L’articolo 96 della costituzione prevede che il capo di stato sia eletto a suffragio universale diretto “per un mandato di cinque anni rinnovabile una volta”.
  • Il 25 aprile il partito al potere, il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia-Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd), designa Nkurunziza come candidato alle elezioni del 26 giugno. L’opposizione e la società civile convocano manifestazioni pacifiche, nonostante il divieto del governo. I manifestanti si scontrano con la polizia e con l’ala giovanile del Cndd-Fdd, chiamata Imbonerakure, definita “milizia” dalle Nazioni Unite.
  • Nei giorni successivi crescono le proteste. I manifestanti si scontrano con la polizia e ci sono i primi morti. Migliaia di persone abbandonano le loro case e si rifugiano nei paesi vicini: Ruanda, Tanzania e Repubblica Democratica del Congo.
  • Il 5 maggio la corte costituzionale del Burundi approva la candidatura del presidente Nkurunziza alle elezioni.
  • Il 6 maggio, dietro pressioni internazionali, il governo comincia discussioni informali con l’opposizione. Nella capitale arrivano i ministri degli esteri di Kenya, Uganda, Ruanda e Tanzania per seguire i colloqui, ma le proteste non si fermano.

Mercoledì 13 maggio

  • Si contano almeno venti morti dall’inizio della protesta.
  • I manifestanti scendono di nuovo in strada.
  • A Dar es Salaam, la capitale commerciale della Tanzania, è prevista l’apertura del summit dei leader dei paesi dell’Africa orientale, che cercheranno di trovare una via di uscita alla crisi in Burundi. Al vertice partecipa anche il presidente Nkurunziza.
  • Nkurunziza lascia il Burundi e arriva in Tanzania.
  • Durante la sua assenza, il generale Godefroid Nyombare, a lungo alleato di Nkurunziza, annuncia la destituzione del presidente, la dissoluzione del governo e l’istituzione di un comitato di transizione. L’annuncio è seguito da festeggiamenti per le strade della capitale. Soldati e civili circondano la sede delle tv si stato. La radio privata Rpa, chiusa il 27 aprile durante le proteste, riprende le trasmissioni.
  • Nkurunziza lascia il vertice in Tanzania e cerca di rientrare in Burundi. Ma Nyombare ordina la chiusura delle frontiere e dell’aeroporto della capitale. Nkurunziza non riesce a rientrare nel paese e torna in Tanzania.
  • I leader dei paesi dell’Africa orientale condannano il colpo di stato in Burundi e chiedono il rinvio delle elezioni generali.
  • Nkurunziza scrive su Twitter che il colpo di stato è fallito e che la situazione è sotto controllo.

Giovedì 14 maggio

  • L’esercito si spacca. Le truppe fedeli al presidente Nkurunziza controllano ancora alcune istituzioni chiave, compreso il palazzo presidenziale e la principale stazione radiofonica del paese. Nyombare assicura di avere il sostegno di molti alti gradi della polizia e dell’esercito.
  • Nel corso della notte, il capo delle forze armate Prime Nyongabo, fedele al presidente, dichiara che il tentato colpo di stato è stato fermato. Ma il suo annuncio è smentito dai militari golpisti, che affermano di avere “il controllo quasi totale” della capitale Bujumbura.
  • Nelle strade della capitale Bujumbura vige una calma tesa. Si sentono sporadici colpi di arma da fuoco. Non è chiaro chi controlla la città e quante siano le forze delle due fazioni rivali.
  • L’Unione africana (Ua) convoca una riunione di emergenza nel pomeriggio per discutere della situazione in Burundi.

Chi è il generale Godefroid Nyombare, autore del colpo di stato.

  • Nyombare ha 46 anni. Ex comandante ribelle del Cndd-Fdd e alleato del presidente Nkurunziza durante la guerra civile scoppiata nel 1993 a causa delle rivalità tra la maggioranza hutu e la minoranza tutsi e durata ufficialmente fino al 2005.
  • Nel 2009 diventa il primo capo di stato maggiore dell’esercito di etnia hutu. Partecipa ai negoziati con l’ultimo gruppo ribelle delle Forze nazionali di liberazione (Fnl).
  • Organizza il dispiegamento delle truppe del Burundi in Somalia nell’ambito del contingente dell’Unione africana.
  • Nel 2013 è ambasciatore in Kenya.
  • Nel novembre 2014 è nominato capo dei servizi segreti. A febbraio viene licenziato, dopo aver sconsigliato a Nkurunziza di candidarsi per un terzo mandato.

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