14 maggio 2015 18:21

I protagonisti
Pierre Nkurunziza, 51 anni, figlio di un politico hutu morto nelle violenze etniche del 1973, ha fatto parte dal 1995 al 2003 delle forze ribelli del Consiglio nazionale per la difesa della democrazia-Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd, ora al governo). È conosciuto come uomo di preghiera (è protestante evangelico) e d’azione (ama molto lo sport). È molto popolare nelle zone rurali del paese, meno nella capitale, Bujumbura. Secondo i suoi avversari è spietato e corrotto, mentre i suoi sostenitori sottolineano la sua azione di sostegno alle scuole e alle campagne.

Godefroid Nyombare, 46 anni, nel 2009 è stato il primo hutu a essere nominato capo di stato maggiore dell’esercito del Burundi. Insieme a Pierre Nkurunziza faceva parte del Cndd-Fdd: nel 2013 è caduto in disgrazia ed è stato nominato ambasciatore in Kenya. Un anno dopo, nel novembre 2014, diventa capo dei servizi segreti, ma viene allontanato di nuovo dopo aver consigliato il presidente di non candidarsi per un terzo mandato. È popolare presso la società civile e la base dell’esercito.

La storia
L’accordo di pace di Arusha (2000) ha messo fine alla guerra civile scoppiata nel 1993 con l’assassinio del presidente Melchior Ndadaye. La nuova costituzione prevede che il presidente sia eletto a suffragio universale con un massimo di due mandati. Pierre Nkurunziza è stato nominato presidente nel 2005 dal parlamento, e quindi ora afferma di aver diritto ad altre due elezioni a suffragio diretto. I partiti d’opposizione, la chiesa cattolica, la società civile, la stampa indipendente si oppongono a questa lettura degli accordi di Arusha. Inoltre rimproverano a Nkurunziza una cattiva amministrazione del paese, alcuni scandali, accuse di corruzione e la creazione di milizie giovanili armate (gli Imbonerakure, una sorta di forza paramilitare) che spadroneggiano nelle regioni rurali.

Le etnie
In Burundi ci sono due etnie principali: gli hutu (81 per cento) e i tutsi (16 per cento). Dopo gli accordi di pace, il paese ha scelto una mescolanza etnica obbligatoria nelle istituzioni, per esempio l’esercito e la polizia. Ma negli ultimi mesi il Cndd ha cominciato a soffiare sul fuoco giocando la carta etnica: i suoi sostenitori accusano i tutsi di voler conquistare il potere. Mentre migliaia di tutsi fuggono verso i campi profughi in Ruanda, si teme che agli Imbonerakure si stiano unendo i miliziani Interhahamwe, i paramilitari ruandesi responsabili del genocidio del 1994.

Un nuovo Ruanda?
Secondo la giornalista belga Colette Braeckman in Burundi la mescolanza etnica si è realizzata, e la pratica democratica è ormai radicata. La situazione attuale, più che il Ruanda, ricorda il Burkina Faso: un presidente attaccato al potere e una rabbia pronta a esplodere.

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