15 giugno 2015 16:51
Profughi burundesi su una nave delle Nazioni Unite diretta a un campo di Kagunga, in Tanzania, il 23 maggio 2015. (Jerome Delay, Ap/Ansa)

In vista della giornata mondiale del rifugiato, in programma il 20 giugno, Amnesty international oggi ha pubblicato un rapporto sulle condizioni dei migranti nel mondo. Secondo Amnesty, nel mondo è in corso la peggiore crisi dei rifugiati dalla seconda guerra mondiale. Ecco quattro punti chiave del documento:

Siria. Più di quattro milioni di rifugiati sono scappati dalla Siria dall’inizio del conflitto nel 2011 e il 95 per cento di loro si trova tra Turchia, Giordania, Libano, Iraq e Egitto. “Il mondo non può più stare a guardare mentre i paesi come il Libano e la Turchia assumono questi oneri enormi. Nessun paese dovrebbe essere lasciato solo ad affrontare una massiccia emergenza umanitaria con così pochi aiuti da parte degli altri stati, solo per il fatto di condividere un confine con un paese in conflitto”, denuncia il rapporto.

Mediterraneo. Il mar Mediterraneo è la via più pericolosa in assoluto per i profughi. Nel 2014, 219mila migranti hanno attraversato quel tratto di mare e 3.500 di loro sono morti. Nell’ultimo anno le autorità italiane hanno soccorso 170mila persone. Amnesty international ha criticato inoltre la scelta di sostituire l’operazione Mare Nostrum con Triton, molto meno efficace nel salvataggio dei migranti, sia per il numero limitato di navi che per la riduzione dell’area di intervento. Secondo Amnesty, questo ha contribuito all’aumento dei naufragi: 1.865 morti nei primi cinque mesi del 2015, contro i 425 registrati nello stesso periodo dell’anno precedente.

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Africa subsahariana. Più di tre milioni sono i profughi dell’area dell’Africa subsahariana. I conflitti e le crisi nella regione hanno portato a un afflusso di rifugiati verso i paesi vicini, molti dei quali già ospitano decine di migliaia di persone provenienti dalla Somalia, il Sudan, l’Eritrea e l’Etiopia. In seguito al conflitto scoppiato nel Sud Sudan nel mese di dicembre 2013, più di 550mila persone sono state costrette a lasciare le proprie case e la maggior parte di loro si trova ora in Etiopia, Sudan, Kenya e Uganda.

Sudest asiatico. Nel primo trimestre del 2015, l’Unhcr ha riferito che circa 25mila persone, tra rohingya e bangladesi, hanno tentato di attraversare su barconi il golfo del Bengala. Il doppio rispetto allo stesso periodo del 2014. Nel mese di maggio, Indonesia, Malesia e Thailandia hanno respinto imbarcazioni con a bordo centinaia di profughi. Trecento di loro sono morti in mare nei primi tre mesi del 2015 a causa di “fame, disidratazione e abusi da parte di equipaggi delle barche”. Il 20 maggio l’Indonesia e la Malesia hanno annunciato che avrebbero fornito “accoglienza temporanea” a un massimo di 7.000 persone per un anno, a patto che la comunità internazionale li avesse aiutati con il rimpatrio o il reinsediamento dei migranti.

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