04 maggio 2016 10:52

Dei passi riecheggiano sulla strada, le sale da biliardo sono aperte, donne e uomini vanno insieme alle feste, i cabaret sono pieni, l’alcol scorre a fiumi, le donne indossano cappelli alla moda, il teatro nazionale ha in cartellone l’Otello e nei piccoli cinema lungo Lalehzar, gli Champs-Elysées della Teheran di un tempo, si proietta Casablanca.

Ecco l’Iran degli anni cinquanta, riportato in vita dalla serie Shahrzad, la più costosa produzione di questo genere nel paese, distribuita online attraverso il suo sito ufficiale. Una volta alla settimana, quando esce il nuovo episodio, l’intera nazione è incollata agli schermi.

Forse Netflix non è accessibile per le famiglie iraniane, ma il suo stile cinematografico ha fatto scuola. Shahrzad ha un pubblico vastissimo e in Iran le serie online indipendenti, prodotte da privati, si stanno diffondendo sempre di più man mano che il pubblico si stanca della tv, sottoposta al rigido controllo dello stato.

Come la maggior parte dei film realizzati in Iran, Shahrzad è stato approvato dalla censura. Ogni singola scena, ogni dialogo e costume è stato esaminato con attenzione per assicurarsi che rispetti le regole. Il risultato è una serie che si muove lungo un confine sottilissimo, giungendo perfino a mostrare quello che generalmente non può essere messo in scena, come una donna che canta.

Emerge una rappresentazione che ha molte somiglianze con la politica nel paese di oggi

E dalla descrizione dell’Iran sotto il regime dispotico dell’ultimo scià emerge una rappresentazione che ha molte somiglianze con la politica nel paese di oggi. Diretto da Hasan Fathi, che lo ha scritto a quattro mani con il drammaturgo e docente universitario Naghmeh Samini, Shahrzad è la storia di un amore spezzato dalle vicende che sono seguite al colpo di stato del 1953, che portò alla destituzione del primo ministro eletto democraticamente dal popolo, Mohammad Mosaddeq.

Quel colpo di stato, organizzato dalla Cia e dall’intelligence britannica per proteggere gli interessi petroliferi dell’occidente, consolidò il potere dello scià fino alla rivoluzione islamica del 1979. È stato un periodo cruciale nella storia dell’Iran moderno, con conseguenze che si fanno sentire ancora oggi.

Shahrzad, studentessa di medicina, e Farhad, un giornalista, si vedono spesso al caffè Naderi, un luogo di incontro per gli intellettuali della città. Farhad, strenuo sostenitore di Mosaddeq, finisce in carcere dopo che le forze di sicurezza dello scià chiudono il suo giornale. Shahrzad nel frattempo è costretta a sposarsi contro la sua volontà e diventa la seconda moglie del genero di Bozorg-Agha, un potente personaggio in stile padrino molto vicino allo scià. Il matrimonio forzato però non riesce a separare la coppia.

Una scena della serie Shahrzad. (Amirhossein Shojaee, shahrzadseries.com)

La serie descrive la repressione attuata dalle forze di sicurezza, quando i giornalisti erano interrogati, intimiditi o messi in carcere in modo arbitrario e ai giornali venivano ritirate le licenze. Sono scene che fanno pensare all’Iran di oggi, alla luce delle più recenti ondate di repressione contro giornalisti e attivisti soprattutto dopo i disordini postelettorali del 2009.

Secondo il critico cinematografico Parviz Jahed, non tutti i riferimenti storici presenti in Shahrzad sono accurati, ma “il suo stile narrativo efficace lo ha reso un melodramma affascinante e riuscito, ambientato in un periodo importante della storia moderna dell’Iran”.

Una novità assoluta

“Ci sono elementi che non si trovano nelle produzioni della tv di stato, come la presenza di strumenti musicali o donne che cantano, e che invece sono presenti in Shahrzad”, prosegue. “Queste serie realizzate al di fuori del sistema della tv pubblica e prodotte privatamente sono un fenomeno nuovo”.

Shahrzad non si limita a criticare la politica iraniana del passato, ma mette in ridicolo in modo sottile credenze e norme considerate sbagliate e anacronistiche, ancora presenti nella vita degli iraniani. Colpisce inoltre il fatto che alcuni dei suoi personaggi, come l’alleato dello scià Bozorg-Agha, non siano descritti in modo completamente negativo.

“In passato era impossibile raccontare personaggi simili umanizzandoli, ma in questo caso personaggi come Bozorg-Agha possono ispirare simpatia, ed è una novità”, dice Jahed. “Una volta i ‘cattivi’ non potevano essere rappresentati come persone carismatiche”.

Una maggiore flessibilità

I singoli episodi di Shahrzad sono in vendita ogni settimana sul sito. Ma la serie si può acquistare facilmente anche in dvd. I produttori hanno chiesto agli iraniani di non comprare versioni pirata. In un paese dove il copyright delle opere artistiche è violato in modo massiccio, è una sfida enorme.

Shahrzad sta riscuotendo successo in un momento in cui l’Iran sembra aver perso la battaglia contro le parabole satellitari illegali. Le soap opera turche, trasmesse da canali come Gem-Tv, con base a Dubai, sono molto popolari, grazie alle versioni in farsi di serie che mettono in scena triangoli amorosi come L’era dei tulipani e si trovano direttamente su pennette usb.

Secondo alcuni analisti, se le autorità hanno tollerato alcune deroghe nella censura, questo potrebbe indicare un approccio nuovo e una maggiore flessibilità.

I cittadini comuni non hanno accesso a Netflix, soprattutto perché per gli iraniani è quasi impossibile fare pagamenti diretti all’estero, ma le serie tv come Breaking Bad sono molto famose in Iran. “Breaking Bad o Fargo sono stati doppiati in farsi”, afferma Jahed. “Questo rende la vita difficile ai registi iraniani, che devono essere all’altezza di quegli standard”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian.

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