02 dicembre 2016 15:06

Il prossimo 4 dicembre i cittadini italiani sono chiamati a esprimersi sulla riforma costituzionale proposta dal governo di Matteo Renzi. Secondo alcuni, la riforma attuale ricalca quella del 2006 proposta da Silvio Berlusconi e bocciata in un referendum costituzionale che si è svolto il 25 e 26 giugno del 2006. Il 52 per cento degli elettori italiani aveva partecipato alla consultazione sulle modifiche alla costituzione proposte da Berlusconi. Il 61,3 per cento dei votanti aveva detto no alla riforma. Ecco le due riforme a confronto.

Riforma del senato

2006 Fine del bicameralismo perfetto: il parlamento era composto dalla camera dei deputati e dal senato federale, cioè un organo che rappresentava le comunità locali. Alla camera sedevano 518 deputati (invece di 630) e il numero dei senatori, eletti in ciascuna regione insieme ai consigli regionali, scendeva da 315 a 252. Ogni regione eleggeva almeno sei senatori, ai quali si aggiungevano i 42 delegati delle regioni. I senatori a vita erano sostituiti dai deputati a vita, che potevano essere solo tre.
2016 Fine del bicameralismo perfetto: il parlamento è composto dalla camera e dal senato della repubblica, organo di raccordo tra lo stato, le regioni e i comuni. Il numero dei deputati resta di 630, invece quello dei senatori scende a cento, 95 eletti dai consigli regionali – che nomineranno con metodo proporzionale 21 sindaci e 74 consiglieri regionali – e altri cinque nominati dal presidente della repubblica. Spariscono i senatori a vita. I 95 senatori restano in carica per la stessa durata del loro mandato di amministratori locali e non ricevono indennità. Il senato non può accordare la fiducia al governo.

Elezione del presidente della repubblica

2006 Il capo dello stato era eletto da un’assemblea formata da deputati, senatori, presidenti delle regioni e tre delegati per ciascun consiglio regionale. Il presidente della repubblica perdeva i suoi poteri più importanti: nominare il presidente del consiglio e sciogliere le camere. Il presidente della repubblica rimaneva il “garante della costituzione e dell’unità federale della repubblica”.
2016 Cambia l’elezione del presidente della repubblica, alla quale non partecipano più i delegati regionali, ma solo le camere in seduta comune. È necessaria la maggioranza dei due terzi dei componenti fino al quarto scrutinio, poi bastano i tre quinti. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. I poteri del presidente della repubblica non sono modificati dalla riforma.

Poteri del presidente del consiglio

2006 Aumentavano i poteri del premier, che poteva nominare e revocare i ministri, dirigere la loro politica e non solo promuoverla e coordinarla, sciogliere le camere. Il governo non aveva l’obbligo di presentarsi davanti al parlamento nei dieci giorni successivi all’assunzione dell’incarico, ma doveva presentare il programma davanti alle camere. La camera dei deputati (non il senato) poteva presentare una mozione di sfiducia che doveva essere appoggiata da almeno un quinto dei deputati.
2016 Non è prevista alcuna modifica ai poteri del presidente del consiglio.

Iter delle leggi

2006 La camera esaminava le leggi di competenza statale (bilancio, energia, opere pubbliche, valori fondamentali, trattati internazionali eccetera), poi il senato le esaminava e suggeriva modifiche e la camera decideva in via definitiva. Il senato esaminava le leggi che riguardavano sia lo stato sia le regioni (leggi di competenza concorrente) e le leggi di bilancio, ma la camera poteva chiedere di riesaminarle.
2016 Solo per alcuni tipi di legge serve l’approvazione di entrambi i rami del parlamento: le leggi costituzionali, le leggi sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione delle politiche europee, le leggi sull’elezione del senato e quelle che incidono direttamente sull’ordinamento di regioni, comuni e città metropolitane. Per tutte le altre leggi, la funzione legislativa spetta solo alla camera. I disegni di legge all’esame della camera sono comunque trasmessi al senato, che ha la possibilità di proporre delle modifiche, che però devono essere approvate dalla camera.

Titolo V e competenze stato/regioni

2006 Alle regioni venivano assegnate importanti competenze in campi come la sanità, l’istruzione e la polizia locale. Il governo poteva bloccare una legge regionale nel caso in cui questa pregiudicasse l’interesse nazionale.
2016 Circa venti materie tornano alla competenza esclusiva dello stato, dopo essere state affidate alle regioni in seguito alla riforma del 2001: tra queste la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell’energia; le infrastrutture strategiche e le grandi reti di trasporto e di navigazione; i porti e gli aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale; il commercio con l’estero; l’adozione di disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali, per la sicurezza alimentare e il turismo; la tutela e sicurezza sul lavoro, le politiche attive del lavoro, l’ambiente e l’ecosistema; il sistema nazionale e il coordinamento della protezione civile.

Giudici della corte costituzionale

2006 I giudici restavano 15, ma quattro (invece di cinque) erano nominati dal presidente della repubblica, quattro (invece di cinque) dalla magistratura ordinaria e amministrativa e sette (invece di cinque) dal parlamento.
2016 Dei 15 giudici, tre vengono eletti dalla camera e due dal senato. I restanti dieci sono scelti dal presidente della repubblica e dalla magistratura.

Referendum costituzionale e abrogativo

2006 Il referendum abrogativo non era interessato dalla riforma, che invece riguardava il referendum costituzionale. Perché un referendum costituzionale fosse valido, era istituito un quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto. Il referendum poteva essere chiesto anche se la riforma era approvata dal parlamento con la maggioranza dei due terzi: in questo caso non era previsto un quorum per la sua validità.
2016 Il quorum che rende valido il risultato di un referendum abrogativo resta sempre del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto, ma se i cittadini che propongono la consultazione sono 800mila, invece che 500mila, il quorum è ridotto: basta che vada a votare il 50 per cento più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche. Per proporre una legge d’iniziativa popolare non sono più sufficienti 50mila firme, ma ne servono 150mila. Il parlamento tuttavia sarà obbligato a prendere in esame il provvedimento. È introdotto il referendum propositivo.

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