La tensione in Gambia è aumentata il 19 gennaio, quando le truppe senegalesi e di altri quattro paesi dell’Africa occidentale sono intervenute per allontanare il presidente Yahya Jammeh, che governa il paese con il pugno di ferro da 22 anni e rifiuta di cedere il potere al nuovo presidente Adama Barrow, vincitore delle elezioni del 1 dicembre.
“Non potendo recarsi nel suo paese per ragioni di sicurezza”, Barrow ha scelto di prestare giuramento nell’ambasciata del Gambia a Dakar, in Senegal, dove il 19 gennaio sono arrivati numerosi ambasciatori africani e responsabili di organizzazioni internazionali. Nel suo primo discorso, il nuovo presidente ha ringraziato i gambiani, da lui definiti “i soli artefici” della transizione democratica, e ha chiesto all’esercito di dimostrargli “la sua lealtà”.
Dopo aver passato le settimane precedenti all’investitura tra gioia e paura, i cittadini gambiani hanno espresso la loro “esultanza” scendendo in piazza, nella speranza che il loro paese possa entrare in “una nuova era democratica”.
Chi è Yahya Jammeh, il leader del Gambia che non vuole lasciare il potere.
Il 19 gennaio quasi settemila uomini provenienti da cinque paesi (Senegal, Nigeria, Ghana, Togo e Mali) hanno partecipato all’operazione militare partita dal territorio senegalese. Entrate nel territorio gambiano, le truppe africane non hanno incontrato resistenza da parte dell’esercito e della polizia.
Per Jammeh il conto alla rovescia è cominciato, scrive il quotidiano del Burkina Faso Le Pays. “La palla è nel campo dell’organizzazione regionale, i cui capi militari stanno finalizzando il proprio piano di intervento. Le prossime ore saranno molto lunghe e decisive per conoscere l’esito di questo braccio di ferro. Nel frattempo la tensione sale da tutte le parti e fino alla fine l’obiettivo sarà quello di evitare uno scontro fra le truppe”, fa notare il giornale.
L’operazione, chiamata “Restaurare la democrazia”, è stata lanciata poco dopo la vittoria di Adama Barrow, con il voto unanime di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma è stata sospesa a fine giornata per permettere “un’ultima mediazione” e convincere Yahya Jammeh ad andare in esilio. Il presidente saprà cogliere quest’ultima opportunità per evitare una crisi armata?
(Traduzione di Andrea De Ritis)