25 settembre 2020 14:21

A un’ora di distanza da Madison, capitale del Wisconsin, le mucche pascolano sulle colline e tra le piantagioni di granturco. A Loganville, una cittadina di appena trecento persone, tutto ruota intorno all’agricoltura e all’allevamento. Ma oggi le fattorie sono molte meno che in passato. A volte Randy Roecker, produttore locale di latticini, va in giro contando le poche aziende agricole rimaste. Durante la grande recessione cominciata dieci anni fa Roecker era molto preoccupato per il suo futuro. Pesantemente indebitato, aveva perfino pensato al suicidio. Nel 2018, quando uno dei suoi vicini di casa, Leon Statz, si è tolto la vita, Roecker ha capito che anche tanti agricoltori e allevatori erano depressi. Poco tempo dopo ha deciso di organizzare quella che sarebbe diventata il Farmer angel network, un gruppo di supporto per le famiglie di agricoltori del posto.

Secondo uno studio pubblicato quest’anno dai Centri per il controllo e la prevenzione dalle malattie (Cdc), il tasso di suicidi tra gli agricoltori e gli allevatori è quasi il triplo rispetto alla media nazionale. Per quanto sconvolgente, questa tendenza non è una novità. Il problema risale almeno agli anni ottanta, quando gli alti tassi d’interesse e il calo delle esportazioni mandarono i crisi il settore. Inoltre “ci sono fattori di stress costanti legati all’attività agricola”, spiega Alicia Harvie di Farm Aid, un’organizzazione senza scopo di lucro. I lavoratori agricoli, infatti, dipendono dai mercati, dal commercio e dalle condizioni climatiche molto più di quelli di altri settori.

Nel 2018 Josie Rudolphi, docente di sicurezza e salute nel settore agricolo dell’università dell’Illinois, ha analizzato la condizione di centosettanta giovani agricoltori e allevatori del midwest: ha scoperto che il 53 per cento degli intervistati presentava chiari segni di depressione. Secondo i dati dell’Istituto nazionale di salute mentale, solo il 7 per cento degli statunitensi adulti ammette di attraversare almeno un periodo di depressione ogni anno.

Lavorare in una fattoria espone anche all’isolamento. Le lunghe ore passate nei campi possono rafforzare la sensazione di solitudine e disperazione. Secondo i Cdc, gli statunitensi che hanno più probabilità di cercare il suicidio sono i maschi bianchi e i nativi americani che vivono nelle aree rurali. Gran parte degli agricoltori corrisponde alla perfezione a questo profilo. Il censimento agricolo più recente indica che il 97 per cento dei “produttori agricoli” è composto da bianchi e nativi americani, maschi nel 64 per cento dei casi. L’età media è 57 anni, e nel 34 per cento dei casi supera i 65 anni.

Clima ostile
I suicidi degli agricoltori sono un problema in molti paesi. India, Australia e Regno Unito hanno rilevato una tendenza simile in vari momenti del passato recente. Tuttavia, ciò che contraddistingue gli Stati Uniti è l’aumento del tasso generale di suicidi nel paese, in controtendenza rispetto agli altri paesi del mondo industrializzato. Questo fenomeno è spiegabile in parte con il fatto che negli Stati Uniti è particolarmente facile procurarsi un’arma da fuoco. In generale le armi sono più accessibili nelle campagne, dove tra l’altro i servizi di salute mentale scarseggiano.

Negli ultimi tempi la situazione sembra peggiorata. Nel 2018 le telefonate all’assistenza telefonica di Farm Aid sono aumentate del 109 per cento rispetto all’anno precedente, e a giugno del 2020 erano aumentate di un ulteriore 30 per cento. Tuttavia, questo incremento delle richieste d’aiuto non è l’unico motivo di preoccupazione. Harvie riferisce che il 61 per cento delle telefonate arrivate nel 2020 arrivava da agricoltori in crisi che chiedevano assistenza legale, finanziaria o psicologica. Prima del 2018 le telefonate di persone in crisi rappresentavano solo un terzo del totale. La maggiore frequenza di disastri naturali provocati dal cambiamento climatico, le recenti difficoltà finanziare e la pandemia di covid-19 hanno aggravato la situazione.

Cominciamo dal cambiamento climatico. Negli ultimi anni gli agricoltori del midwest hanno dovuto affrontare una miriade di eventi meteorologici estremi che hanno compromesso i raccolti: siccità in North e South Dakota, incendi nella regione delle Grandi pianure e una “falsa primavera” in Wisconsin (dove, per esempio, le mele e le ciliegie maturano a causa delle temperature più alte per poi congelare nuovamente). Ad agosto più di quattro milioni di ettari di mais e soia sono stati danneggiati quando un “derecho” – una serie di tempeste con venti simili agli uragani – ha devastato l’Iowa. Le inondazioni sono la piaga più frequente. L’anno scorso il governo federale ha dichiarato lo stato di calamità agricola in Illinois dopo che una serie di piogge torrenziali aveva colpito lo stato. Chris Kucharik, agronomo dell’università del Wisconsin a Madison, pensa che per anni una grande percentuale dei terreni non abbia avuto il tempo di seccarsi, e che oggi sia inutilizzabile per la semina.

Un altra fonte di apprensione per gli agricoltori è la politica commerciale di Donald Trump nei confronti della Cina

Spesso gli agricoltori raccontano agli assistenti specializzati nella salute mentale che i problemi finanziari sono il principale motivo della loro preoccupazione. In apparenza la situazione non sembra così disastrosa. Secondo le previsioni del dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (Usda), il reddito netto delle aziende agricole aumenterà di 19 miliardi nel 2020, per un totale di 102,7 miliardi di dollari. Tuttavia le entrate della vendita di bestiame e del raccolto dovrebbero crollare fino a raggiungere un record negativo in più di un decennio, spiega John Newton, capo economista della American farm bureau federation, la più grande organizzazione del paese di agricoltori e allevatori. Questo è dovuto soprattutto al fatto che i prezzi delle materie prime sono troppo bassi. In realtà la crescita nel reddito degli agricoltori è dovuta all’aumento degli aiuti governativi. Secondo Newton, se si tolgono quelle sovvenzioni il reddito netto delle aziende agricole si riduce a 66 miliardi di dollari, cioè dieci miliardi al di sotto della media dell’ultimo decennio.

A tutto questo bisogna aggiungere la tendenza alle fusioni tra le aziende agricole. Tra il 2017 e il 2019 il numero di caseifici autorizzati è calato del 15 per cento. Il Wisconsin, dove si trovano molti caseifici, è in cima alla classifica nazionale dei fallimenti delle aziende agricole. Le piccole attività a conduzione familiare hanno sentito il bisogno di allargarsi per vendere una quantità maggiore di latte in modo da compensare la riduzione dei prezzi. Ma espandere un’attività può costare milioni e spingere gli agricoltori a indebitarsi. Non c’è da stupirsi se l’Usda prevede che nel 2020 il debito degli agricoltori, tenuto conto dell’inflazione, raggiungerà i livelli più alti dal 1981.

Un altra fonte di apprensione per gli agricoltori è la politica commerciale. La guerra scatenata dall’amministrazione Trump contro la Cina ha ridotto drammaticamente le esportazioni di soia. Amy Rademaker, esperta di salute rurale dell’Ospedale Carle di Urbana, in Illinois, racconta di non aver mai incontrato così tanti agricoltori preoccupati dalla questione dei dazi.

Infine la scorsa primavera, mentre gli agricoltori affrontavano le conseguenze di inondazioni, prezzi ridotti e nuovi dazi, è arrivata la pandemia di covid-19. La domanda di prodotti alimentari è improvvisamente crollata a causa della chiusura di ristoranti, alberghi e scuole. Alcuni agricoltori sono stati costretti a gettare via migliaia di litri di latte invenduto, mentre altri hanno distrutto le uova e le verdure fresche. I gruppi di sostegno come la Farmer angel network hanno dovuto interrompere gli incontri di persona, e oggi hanno grandi difficoltà nel ricreare online lo stesso senso di comunità. A marzo, quando il congresso ha approvato il Cares Act, l’enorme piano di assistenza per affrontare le conseguenze economiche dell’epidemia, il ritmo dei fallimenti ha rallentato, i servizi sanitari sono stati rafforzati e alcuni agricoltori hanno provato un sollievo temporaneo. Il problema è che molte agevolazioni contenute nel piano sono scadute a luglio, e il congresso non ha ancora approvato un secondo pacchetto di stimolo. Senza l’aiuto federale, Farm Aid teme una nuova ondata di pignoramenti.

Ma ci sono anche buone notizie. Un numero sempre maggiore di abitanti delle comunità rurali è consapevole dei problemi dei lavoratori agricoli, e si impegna a creare una rete di sostegno. Roecker riceve molte telefonate da agricoltori del midwest che vogliono avviare la loro versione della Farmer angel network. Rademaker e l’ospedale Carle offrono un corso di formazione in “primo soccorso mentale” alle persone che lavorano a stretto contatto con gli agricoltori, come i veterinari e i dipendenti delle banche, in modo che possano identificare i primi segni di disturbi mentali o abuso di sostanze.

In ogni caso, anche quando l’emergenza covid-19 sarà superata, resteranno i problemi legati al cambiamento climatico, alle fusioni e allo scontro commerciale con la Cina. Gli agricoltori degli Stati Uniti, come il resto del paese, stanno invecchiando. In questo momento l’idea di lasciare ai figli aziende che sono rimaste alla stessa famiglia per generazioni (con il relativo carico di debiti) può essere debilitante. “Ho avuto paura di perdere la fattoria costruita da mio nonno”, racconta Roecker ricordando il suo periodo più nero. “Un pensiero di questo tipo arreca danni inimmaginabili”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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