01 giugno 2022 12:00

Nel febbraio 2021, dopo il colpo di stato dell’esercito birmano, Moe Moe e altre centinaia di migliaia di dipendenti pubblici hanno deciso di scioperare, ricevendo la promessa che la resistenza si sarebbe presa cura di loro. Quando il movimento d’opposizione al golpe si è strutturato meglio, formando un governo ombra chiamato Governo di unità nazionale (Nug), sono stati raccolti 120mila dollari per sostenere circa 360mila dipendenti pubblici che avevano abbandonato le loro scrivanie. Ma Moe Moe (non il suo nome reale), insegnante in una scuola pubblica, non ha mai visto un kyat (la moneta birmana).

Inizialmente Moe Moe non si è preoccupata. Molti birmani pensavano che il movimento rivoluzionario per deporre la giunta militare avrebbe prevalso nel giro di poche settimane o pochi mesi. Ma con il passare del tempo sono arrivati i problemi economici. Alcuni scioperanti hanno trovato un nuovo impiego. Moe Moe, 36 anni, si è stancata di dover chiedere denaro alla madre, e cinque mesi dopo il colpo di stato ha cominciato a pensare di tornare a scuola.

Ma non l’ha fatto. “Non oso rientrare al lavoro”, spiega. Moe Moe teme di essere attaccata sui social network e accusata di essere troppo debole per resistere alle sofferenze necessarie per sconfiggere l’esercito. Quando una sua amica ha ripreso il vecchio posto di lavoro in una scuola pubblica dopo aver esaurito le riserve economiche indispensabili per i medicinali per il padre malato, è stata minacciata di morte e l’indirizzo della sua scuola è stato pubblicato online.

Tagliare i ponti con il regime
Il terrore scatenato dalla giunta militare nel tentativo di sfiancare la resistenza ha radicalizzato la società birmana. Questo fenomeno è evidenziato dal cambiamento delle tattiche dell’opposizione. Inizialmente il movimento pensava di poter convincere i soldati a rientrare nelle caserme incoraggiando i dipendenti pubblici e i banchieri del settore privato a lasciare il posto di lavoro, bloccando in questo modo l’economia e lo stato.

Molti birmani hanno scelto di partecipare alla lotta sacrificando lo stipendio e rischiando la vita per manifestare la rabbia verso l’esercito

Ma quando l’esercito ha aumentato la violenza in modo esponenziale, la resistenza ha cambiato strategia. A settembre Duwa Lashi La, presidente del Nug, ha formalmente dichiarato guerra all’esercito, dando il suo imprimatur alle nuove milizie che da mesi affrontavano le forze armate. Lashi La ha invitato i birmani a unirsi alla lotta. “Dobbiamo avviare una rivolta al livello nazionale, in ogni villaggio e città di tutto il paese”.

Il governo ombra ha esortato la popolazione a tagliare qualsiasi legame con il regime. L’invito non è rivolto solo ai dipendenti statali, ma anche alle aziende e alle agenzie straniere che forniscono aiuti. Il Nug ha chiesto agli studenti delle scuole pubbliche di smettere di frequentare le lezioni e ai cittadini comuni di non pagare più le tasse e le bollette. Anche le vacanze sono state politicizzate. Ad aprile il Nug ha invitato i cittadini a boicottare le festività durante il Thingyan, l’anno nuovo birmano, nel timore che la giunta registrasse le immagini delle persone in festa per usarle per la propaganda. “La rivoluzione diventerà uno stile di vita, questa è la retorica”, spiega Min Zin del think tank birmano Istituto per la strategia e la politica.

Pericolo di rappresaglie
Molti birmani hanno scelto di partecipare alla lotta sacrificando lo stipendio e rischiando la vita per manifestare la rabbia verso l’esercito. Quelli che non possono o non intendono adeguarsi alle nuove norme di comportamento sono messi al bando. Quando nel marzo 2021 la catena di distribuzione 1 Stop Mart è rimasta aperta durante uno sciopero, la reazione è stata così aggressiva che i dipendenti hanno avuto paura di rimetterci la vita. Più recentemente l’unione studentesca di un’università pubblica di Mandalay, seconda città del paese, ha definito “traditori” sette studenti che avevano partecipato alla propria cerimonia di laurea.

Qualsiasi interazione con il regime è estremamente rischiosa, a prescindere dalla motivazione

Chi non segue le istruzioni della resistenza rischia gravi rappresaglie. Le Forze di difesa popolari (Pdf), gruppi di guerriglieri fedeli al governo ombra anche se non sottoposti al suo comando, prendono di mira soprattutto gli uffici governativi e i posti di blocco dell’esercito, ma hanno colpito anche strutture civili (violando il codice di condotta del Nug). Quando la giunta ha cercato di riaprire le scuole, nel giugno 2021, i guerriglieri hanno piazzato cariche esplosive in diversi istituti nella speranza di uccidere i soldati. Qualsiasi interazione con il regime è estremamente rischiosa, a prescindere dalla motivazione. “Se uno delle Pdf ti vede parlare con un funzionario pubblico locale potrebbe reagire in modo pericoloso, anche se stai solo cercando di aiutare la comunità”, spiega il dirigente locale di un’agenzia internazionale.

Alcune previsioni della resistenza e dei suoi sostenitori sono chiaramente irrealistiche. Le attività commerciali non possono rifiutarsi di pagare le tasse. “Non si tratta di legittimazione politica, ma dello stato di diritto”, spiega un analista residente in Birmania. Il dirigente dell’agenzia internazionale riferisce di aver interrotto la collaborazione con il governo dopo il colpo di stato, ma non fornisce dettagli sulle attività della sua organizzazione a causa del rischio di essere espulso dal paese. Due importanti istituzioni benefiche internazionali hanno smesso di finanziare la sua agenzia perché in questo momento sponsorizzare progetti di sviluppo in Birmania ha perso ogni attrattiva.

Soe Naing (non il suo vero nome) lavora in una società di microfinanza che presta denaro alle famiglie povere. I suoi amici che hanno lasciato la Birmania dopo il colpo di stato lo accusano di “essere un sostenitore dell’esercito” solo perché la sua azienda incontra regolarmente i rappresentanti del governo nella sede della banca centrale. “Sto aiutando i poveri”, si giustifica Naing. “Ma loro sostengono che aiutare i poveri significhi aiutare l’esercito”.

La resistenza crede che la classe operaia “accetterà volontariamente una privazione totale”, sottolinea Min Zin. Ma anche questo è un obiettivo irraggiungibile. Il numero di scioperanti si è più che dimezzato anche perché molti non possono più permettersi di non lavorare (e altri sono stati costretti a riprendere dalla giunta). Il fanatismo con cui gli attivisti, spesso appartenenti alla classe media, attaccano chi smette di battersi potrebbe far evaporare ogni entusiasmo per la causa.

Moe Moe resta un’ardente sostenitrice del Nug, ma ora teme più gli oppositori che i soldati. È paradossale, considerando che l’esercito massacra abitualmente i civili, distrugge i villaggi, tortura i prigionieri e stupra le donne. “Sono riuscita a nascondermi dall’esercito per tutto questo tempo”, spiega. “Ma è difficile nascondersi anche dalla comunità che mi circonda”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist. Internazionale ha una newsletter che racconta cosa succede in Asia. Ci si iscrive qui.

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