27 gennaio 2022 15:02

Per tre mesi sono stati in balìa dei capricci di un vulcano in eruzione. Ora gli abitanti della piccola isola spagnola di La Palma stanno facendo i conti con un altro problema: cosa fare dei milioni di metri cubi di lava e cenere che si sono accumulati?

Il vulcano ha tuonato per 85 giorni, espellendo cenere e fiumi di lava che hanno inghiottito più di mille case, isolato strade e soffocato le rigogliose piantagioni di banane su cui si fonda l’economia dell’isola.

L’eruzione è stata dichiarata finita il giorno di Natale, lasciando gli abitanti alle prese con l’arduo compito della ricostruzione. “È stato brutale”, dice Javier Moreno, uno degli ottantamila abitanti di La Palma. “L’area colpita si presenta come se avessero eretto il muro di Berlino, ma fatto di lava nera”.

Nuove penisole
Negli ultimi giorni circa duemila dei settemila residenti evacuati sono stati autorizzati a tornare a casa. Molti sono arrivati e hanno trovato strati di cenere polverosa che ricoprivano le loro case, verande e piante. Sono i resti degli oltre duecento milioni di metri cubi di lava e cenere espulsi dal vulcano. “È una battaglia continua”, dice Moreno. “Oggi la togli, domani il vento ne fa arrivare qualche altro centimetro”.

In alcune parti dell’isola la cenere ha sepolto case, coperto piantagioni verdeggianti e si è accumulata in cumuli alti vari metri. La lava e la cenere sono arrivate oltre l’isola: la lava caduta nell’oceano durante le eruzioni ha creato due nuove penisole, di 44 e cinque ettari rispettivamente, e le riprese subacquee hanno rivelato che anche la vita marina è stata coperta di cenere.

I ricercatori stanno valutando se usare le zone della lava a scopo agricolo o come materiale edile

Gli sforzi senza sosta per rimuovere la cenere hanno permesso di spostarne una parte in aree specifiche, come una ex cava sull’isola. Ma la rimozione delle colate di lava rovente, che sono arrivate nei quartieri e nei terreni agricoli, si è dimostrata più difficile. “Sono ancora calde, con temperature di più di cinquecento gradi in alcune parti”, spiega Inés Galindo, una geologa che dirige la sezione delle isole Canarie dell’Istituto geologico e minerario nazionale spagnolo.

Galindo ha aggiunto che quando la lava si raffredderà – ci vorranno mesi – potrebbe essere più facile, in alcuni casi, costruirci sopra invece che frantumarla e rimuoverla. Nel convulso tentativo di capire cosa fare dei materiali eruttati dal vulcano, ricercatori e funzionari guardano al passato. Nella vicina isola di Lanzarote, un’eruzione di sei anni nel 1730 lasciò parti dell’isola coperte di materiale vulcanico. “Le particelle erano porose e in grado di trattenere l’acqua nel terreno. Ne hanno approfittato per piantare vigneti”, dice Galindo.

Lei e la sua squadra stanno studiando le proprietà della cenere a La Palma per capire se possa essere usata in maniera simile, mentre un’altra équipe di ricercatori sta valutando se il terreno ricco di minerali possa essere usato come fertilizzante.

I funzionari regionali, nel frattempo, esplorano la possibilità di usare la cenere per costruire case, strade e ponti in tutta l’isola. “Non è un’idea originale, lo facevano già gli antichi romani”, spiega Javier Juvera, ingegnere del dipartimento dei lavori pubblici delle isole Canarie. “I romani lavoravano con le ceneri che uscivano dal Vesuvio, usandole per costruire templi ed edifici”.

Lui e i suoi collaboratori stanno ora lavorando per capire se la cenere sparsa sull’isola sia simile alla cenere vulcanica usata dai romani per fissare i frammenti di roccia. Se così fosse, potrebbe dare origine a un materiale da costruzione resistente e svolgere un ruolo nella ricostruzione dell’isola, dove i funzionari regionali hanno stimato i danni a edifici e infrastrutture a più di novecento milioni di euro.

Juvera presenta queste idee come una misura apparentemente naturale per un arcipelago scavato dall’attività vulcanica di milioni di anni. “Nelle isole Canarie siamo abituati a lavorare con materiali vulcanici”, dice, ricordando la pratica di lunga data di mescolare cemento e materiale estratto dai coni vulcanici per costruire case.

Sia Juvera sia Galindo ritengono che ci vorranno mesi prima di avere delle risposte definitive su cosa si possa fare della bufera di cenere scura espulsa dal vulcano. “La quantità di materiale è davvero enorme: ci sono immagini di case praticamente sepolte nella cenere”, dice Juvera. “Ma se non troviamo un modo di valorizzarla, saranno solo rifiuti”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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