03 aprile 2015 16:34

Andare all’estero è sempre un’esperienza che arricchisce: nuovi amici, nuove esperienze, nuove storie da raccontare. Secondo alcuni scienziati, potrebbe anche farci diventare più creativi.

Da tempo gli scrittori e i filosofi conoscono i benefici legati al viaggio. Ernest Hemingway, per esempio, scrisse molti dei suoi libri ispirandosi ai suoi soggiorni in Spagna e in Francia.

Aldous Huxley, l’autore di Mondo nuovo, intorno ai quarant’anni si trasferì dal Regno Unito agli Stati Uniti per dedicarsi alla sceneggiatura. Mark Twain, che navigò lungo le coste del Mediterraneo nel 1869, scrisse nel suo diario di viaggio Gli innocenti all’estero che il viaggio è “fatale per il pregiudizio, il fanatismo e la meschinità”.

Negli ultimi anni psicologi e neuroscienziati hanno cominciato a studiare con attenzione una possibilità che molti avevano solo intuito: vivere all’estero produce dei cambiamenti a livello mentale.

In generale, la creatività è legata alla plasticità cerebrale, quindi alle interconnessioni del nostro cervello. Le reti neurali sono influenzate dall’ambiente e dalle abitudini e quindi sono anche sensibili al cambiamento: nuovi suoni, odori, lingue, gusti, sensazioni e immagini attivano sinapsi diverse nel cervello e possono dare nuova energia alla mente.

“Le esperienze vissute all’estero rafforzano sia la flessibilità cognitiva sia la capacità di approfondire e di integrare i pensieri, la facoltà di stabilire collegamenti profondi tra forme molto diverse”, afferma Adam Galinsky, che insegna alla Columbia business school e ha pubblicato numerosi studi sul collegamento tra creatività e viaggi all’estero.

Andare in vacanza per una settimana a Cancún non ci renderà più creativi, a meno che non decidiamo di vivere con i pescatori del posto

La flessibilità cognitiva è la capacità della mente di passare da un’idea all’altra, una componente fondamentale della creatività. Ma visitare un altro paese non basta, precisa Galinsky: “La chiave è la disponibilità a farsi coinvolgere, la capacità di immergersi in un’altra cultura e di adattarsi. Chi vive all’estero senza confrontarsi con la cultura locale non riceverà grandi benefici”.

In poche parole, andare in vacanza per una settimana a Cancún, una delle località più turistiche del Messico, non ci renderà più creativi, a meno che non decidiamo di vivere con i pescatori del posto.

Nell’ultimo studio di Galinsky, pubblicato a febbraio sull’Academy of Management Journal, l’autore ha esaminato insieme ad altri tre ricercatori le esperienze dei direttori creativi di 270 case d’alta moda.

Analizzando undici anni di storia di queste firme, Galinsky e i suoi colleghi hanno cercato collegamenti tra l’esperienza di lavoro all’estero degli stilisti e le “innovazioni creative” delle loro case di moda. Il livello di creatività di un prodotto è stato valutato da un gruppo di giornalisti e di consumatori indipendenti.

I ricercatori hanno osservato un chiaro collegamento tra il tempo trascorso all’estero e la creatività: se un direttore creativo aveva vissuto e lavorato in altri paesi, la sua casa di moda produceva più collezioni rispetto a quelle dove il direttore non aveva viaggiato.

Gli studiosi hanno anche scoperto che se lo stilista aveva vissuto in più paesi l’azienda era più creativa, ma solo fino a un certo punto. Secondo i risultati della ricerca, infatti, chi aveva vissuto e lavorato in più di tre paesi aveva un livello di creatività più alto di chi non lo aveva fatto, ma era meno creativo dei suoi colleghi che avevano lavorato in meno paesi.

Gli autori hanno ipotizzato che vivendo in troppi posti diversi non si ha la possibilità di immergersi nella cultura locale, perché ci si sposta troppo spesso. “Si ritorna così all’idea che, per ottenere un effetto positivo, serve un coinvolgimento più profondo”, spiega Galinsky.

Anche la distanza culturale potrebbe essere un fattore importante: i ricercatori hanno scoperto che vivere in un posto dove la cultura è profondamente diversa dalla nostra porta un grado di creatività inferiore rispetto a uno dove la cultura è più simile.

Il motivo, ipotizzano gli studiosi, è che una cultura radicalmente diversa può intimidire le persone, spingendole a mantenere le distanze: se se non si immergono nella cultura straniera , non si verifica nessun cambiamento cognitivo.

Viaggiare potrebbe offrire anche altri benefici a livello cerebrale. Mary Helen Immordino-Yang, professoressa associata di pedagogia e psicologia alla University of Southern California, sostiene che le esperienze interculturali possono rafforzare la fiducia in sé.

“Molte ricerche hanno dimostrato che la capacità di confrontarsi con persone provenienti da un altro contesto e di uscire dalla propria zona di sicurezza aiuta a costruire un senso di sé più forte”, afferma la docente. “La capacità di modificare le nostre idee e i nostri valori è legata alla ricchezza delle nostre esperienze culturali”.

Le esperienze interculturali ci aiutano a uscire dalla nostra bolla e a ceare legami con persone di culture diverse. “Abbiamo notato che viaggiare rafforza il senso di fiducia nei confronti dell’umanità”, dice Galinsky. “Quando ci confrontiamo con altre culture, viviamo esperienze con persone diverse e ci rendiamo conto che quasi tutti ci trattano nello stesso modo. Di conseguenza aumenta la fiducia”.

Questa fiducia potrebbe aiutare a rafforzare la creatività. In uno studio del 2012 dell’università di Tel Aviv, un gruppo di ricercatori ha scoperto che durante i test sulla creatività chi “ritiene che le diverse etnie abbiano una natura intrinseca e fissa” ottiene risultati peggiori di chi considera arbitrarie e flessibili le differenze culturali ed etniche.

“Questa mentalità categorica porta con sé una chiusura mentale che inibisce la creatività”, hanno scritto gli studiosi. Insomma, chi giudica le persone in modo rigido fa fatica a uscire dagli schemi.

Naturalmente, anche se un viaggio all’estero è il modo più facile per uscire dalla propria zona di sicurezza, non è necessario andare in un paese straniero per far scattare il meccanismo cognitivo della creatività.

Chi non può permettersi un biglietto aereo può sempre prendere la metropolitana e andare in un quartiere che non conosce. A volte, si legge nella ricerca, per mettere in moto la creatività basta un po’ di aria nuova.

(Questo articolo è uscito sull’Atlantic. Traduzione di Floriana Pagano)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Abbonati per ricevere Internazionale
ogni settimana a casa tua.

Abbonati