16 febbraio 2023 15:35

Sono trascorsi dieci giorni dal terremoto che ha colpito il sud della Turchia e il nord della Siria e se la situazione è catastrofica in tutti i territori coinvolti, per i siriani cominciano a delinearsi i contorni di un dramma senza fine. “Perché il nordovest della Siria è stato abbandonato?”, si chiede su Al Jazeera il giornalista e regista bosniaco Refik Hodzic.

Secondo lui, le difficoltà delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali a consegnare gli aiuti alla popolazione siriana non hanno a che fare tanto con questioni logistiche e problemi per raggiungere le zone interessate quanto con “la normalizzazione della brutalità del presidente siriano Bashar al Assad e la deumanizzazione dei siriani”. Hodzic accusa l’Onu di “consentire al regime siriano di sfruttare gli aiuti a suo vantaggio invece di agire in accordo con il suo mandato di proteggere i civili”.

Fonte: liveuamap

La prima delegazione dell’Onu è arrivata nelle zone ribelli del nordovest della Siria solo il 14 febbraio passando dalla Turchia attraverso il valico di frontiera di Bab al Hawa. Il giorno prima il presidente siriano Bashar al Assad aveva accettato di aprire altri due valichi di frontiera, Bab al Salam e Al Rai, tra la Turchia e la Siria nordoccidentale, per un periodo iniziale di tre mesi, in modo da consentire agli aiuti di entrare nel paese. I primi undici camion hanno attraversato il valico di Bab al Salam il 15 febbraio. Assad ha anche lanciato un appello all’Onu per ricostruire le regioni distrutte dal sisma.

Un articolo di L’Orient-Le Jour denuncia che “il regime siriano ha avviato una campagna di propaganda” per dare la colpa delle difficoltà nella distribuzione degli aiuti alle sanzioni occidentali contro la Siria, chiedendo la loro eliminazione. Le sanzioni prevedevano già una deroga per gli aiuti umanitari, ma il 9 febbraio gli Stati Uniti hanno deciso di sospenderle per sei mesi su tutte le transazioni relative all’assistenza, facilitando così le attività di donatori e organizzazioni. Washington ha però ribadito che continuerà a consegnare aiuti alla Siria senza relazionarsi con il regime di Assad.

Questa offensiva mediatica, commenta il quotidiano libanese, provoca l’ira dell’opposizione. “E a ragione: in quasi dodici anni di guerra Damasco ha bombardato senza tregua le regioni più colpite dal sisma in Siria, a cominciare dai governatorati di Aleppo e Idlib, prendendo di mira soprattutto le infrastrutture civili”. Secondo gli oppositori di Assad, l’eliminazione delle sanzioni “lascerebbe campo libero al regime per commettere ancora più crimini”.

Le strategie di Assad
In un approfondimento con mappe, grafici e fotografie, Le Monde sottolinea anche un altro aspetto della strategia del regime siriano: puntare al “sostegno ricevuto dall’estero, in particolare dai paesi arabi. Un modo, senza dubbio, per mostrare che, se resta un paria agli occhi degli occidentali, la Siria non è completamente isolata”. Il quotidiano francese nota anche che, a differenza del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, Assad “è rimasto a lungo invisibile”. Non ha fatto un discorso alla nazione e non si è rivolto alle vittime, anche se il sisma non ha risparmiato alcune zone considerate bastioni del regime. La sua prima apparizione pubblica è stata il 10 febbraio ad Aleppo. Era accompagnato dalla moglie Asma, che dirige l’ong Syria trust for development, beneficiaria, secondo il sito economico Syria Report, dei contributi per le vittime del terremoto imposti dal regime a imprenditori locali e della diaspora.

Per Enab Baladi, il grande vincitore della catastrofe è proprio Assad. “Il regime siriano approfitta del terremoto per rompere il suo isolamento”, titola il giornale indipendente siriano, secondo il quale la vera intenzione di Assad è sbloccare i soldi della Banca centrale siriana congelati dalle sanzioni. “Il presidente intende spenderli a favore del suo regime, e certamente non per i bisogni della popolazione di Idlib”.

Il ricercatore e politologo siriano Salam Kawakibi elenca una serie di associazioni affidabili, che da anni lavorano per aiutare i siriani, a cui si possono fare donazioni per essere certi che siano usate bene.

  • Caschi bianchi: gruppo di volontari nato durante la guerra civile per aiutare i feriti.
  • Mehad: associazione francese che si occupa di salute e solidarietà internazionale.
  • Mulham volenteering team: associazione che porta aiuto attraverso una rete di esiliati siriani in diversi paesi del mondo.
  • Basmeh & Zeitooneh: organizzazione con sede in Libano che aiuta i profughi siriani.
  • Association Revivre: creata nel 2004 da un gruppo di siriani e francesi per portare aiuto alle vittime della repressione del regime di Assad.

Questo articolo è tratto dalla newsletter Mediorientale a cura di Francesca Gnetti che ogni settimana racconta cosa succede in Medio Oriente. Ci si iscrive qui.

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