28 luglio 2020 11:32

Mentre le scuole e le università si interrogano sulla possibile riapertura nel contesto della pandemia di covid-19, i direttori d’orchestra e i musicisti si chiedono quando (e se) la musica potrà tornare a essere suonata in sicurezza. Secondo un nuovo studio, anche se gli strumenti generano particelle potenzialmente cariche di Sars-cov-2, il rischio per i musicisti e per il pubblico potrebbe essere gestibile.

Attualmente esistono pochissime ricerche sulla possibilità che gli strumenti producano goccioline nebulizzate (aerosol) in grado di trasmettere il nuovo coronavirus. Di conseguenza non si può sapere se una distanza di due metri da una tromba sia sufficiente a scongiurare un contagio.

In assenza di dati, le scuole statunitensi hanno già cancellato “per paura” le prove delle bande musicali, ammette Mark Spede, presidente della College band directors national association. Considerando la potenziale minaccia per la formazione musicale e per il sostentamento dei musicisti di tutto il mondo, l’organizzazione di Spede e la National federation of high school state associations hanno raccolto più di 275mila dollari da oltre cento organizzazioni per studiare la sicurezza delle esecuzioni musicali durante la pandemia.

Il modello ha confermato l’importanza del distanziamento per evitare i flussi di particelle virali

I ricercatori dell’università del Colorado, a Boulder, hanno chiesto a cinque studenti musicisti – una soprano e quattro suonatori di clarinetto, flauto, corno, e tromba – di entrare in una stanza sanificata uno alla volta. Di solito la stanza è utilizzata per le ricerche sull’inquinamento dell’aria, ed è dotata di guarnizioni e filtri anti-particolato ad alta efficienza (Hepa) per rimuovere quasi tutte le particelle dall’aria.

I partecipanti allo studio hanno eseguito un breve brano solista con una vasta estensione di note e stili diversi, da una corale armoniosa alla marcia in staccato. I musicisti hanno puntato l’estremità dei loro strumenti verso una serie di tubi collegati a tre rilevatori di particelle che registravano aerosol di dimensioni diverse. Un sistema diagnostico analizzava il flusso d’aria intorno ai musicisti per visualizzare il percorso delle particelle.

I risultati iniziali, pubblicati online senza una revisione paritaria, indicano per la prima volta che gli strumenti possono produrre goccioline di dimensioni idonee a trasportare il virus Sars-cov-2. Questi aerosol possono inoltre restare nell’aria per lunghi periodi di tempo. La quantità di particelle rilasciata cambia in base allo strumento. Per esempio con la tromba e il clarinetto, in cui l’aria segue una linea piuttosto retta tra le due estremità, la concentrazione di aerosol è risultata maggiore.

Per ridurre la dispersione di aerosol i ricercatori hanno testato alcune coperture, come un panno posizionato davanti alla campana della tromba o una sacca che avvolge l’intero clarinetto. Entrambe le manovre hanno ridotto la dispersione di aerosol (in alcuni casi della metà) senza compromettere il suono.

Alcuni ricercatori dell’università del Maryland hanno usato modelli computerizzati per esaminare la possibilità che un musicista infetto, in una serie di condizioni diverse, possa diffondere il virus. Il modello ha confermato l’importanza del distanziamento per evitare i flussi di particelle virali, e inoltre ha suggerito che i sistemi di ventilazione convenzionali in cui l’influsso e lo sfiato d’aria avvengono entrambi sul tetto siano meno efficaci di quelli in cui lo sfiato avviene al livello del terreno.

A fiato
I risultati si aggiungono a un recente lavoro sul flusso d’aria degli strumenti musicali. La ricerca, condotta a maggio, ha analizzato l’esecuzione di strumenti a fiato e a corda da parte dei componenti della filarmonica di Vienna, che in precedenza avevano inalato un composto che si illumina sotto la luce dei fari quando viene esalato. In un altro studio, condotto in primavera in Germania, è stato analizzato il flusso d’aria degli strumenti a fiato. Entrambe le ricerche indicano che gli strumenti producono un flusso d’aria inferiore rispetto al canto (e che i flauti ne producono uno maggiore rispetto agli altri strumenti a fiato).

Bernhard Richter, otorinolaringoiatra e codirettore dell’Istituto di medicina della musica di Friburgo a capo del studio tedesco, riferisce che i risultati iniziali potrebbero essere utili per stilare una serie di raccomandazioni relative alla sicurezza. La nuova ricerca sugli aerosol potrebbe fornire dati ancora più sofisticati. “Non sappiamo abbastanza sugli aerosol. Le modalità di dispersione sono fondamentali”.

I ricercatori che conducono lo studio sugli aerosol si preparano a raccogliere i dati relativi ad altri strumenti, ma anche a cantanti, ballerini e attori. Questa iniziativa potrebbe permettere di avere un’idea più completa dei rischi potenziali delle performance e migliorare i modelli computerizzati sull’efficacia del distanziamento e della circolazione dell’aria, sottolinea Shelly Miller, professoressa di ingegneria dell’università del Colorado che ha partecipato allo studio.

Basandosi sui risultati fin qui ottenuti, le organizzazioni che hanno finanziato lo studio hanno raccomandato che nelle sale prove e nelle strutture dedicate ai concerti vengano utilizzati filtri Hepa, venga migliorata la circolazione dell’aria e vengano usate coperture per gli strumenti. Inoltre hanno consigliato di mantenere due metri di distanza tra i musicisti e di posizionare tutti i componenti nella stessa direzione.

Queste limitazioni potrebbero ridurre le dimensioni delle bande e delle orchestre. Ma Miller spera che i prossimi dati permettano ai musicisti di riprendere a suonare. “È molto triste che queste attività si interrompano soltanto perché non sappiamo fino a che punto siano pericolose”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato da Science.
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