09 marzo 2017 11:16

Non solo missili balistici e omicidi al gas nervino. La Corea del Nord esporta opere d’arte, preferibilmente colossi in stile realismo socialista. Incassando milioni di dollari, troppi per il Consiglio di sicurezza dell’Onu, che ha incluso le statue in cima alla lista delle esportazioni proibite.

In giro per il mondo ce ne sono di straordinarie. Un gruppo scultoreo in bronzo alto 50 metri, madre, padre e bambino che guardano l’orizzonte sulla baia di Dakar, annuncio del rinascimento africano. Una statua del dittatore congolese Laurent Kabila con giacca maoista tanto simile a quella di Kim Jong-un, il “supremo leader” di Pyongyang. O i busti dorati pronti, pare, a uscire dai magazzini dello Zimbabwe non appena celebrato il funerale dell’ultranovantenne Robert Mugabe.

Giganti firmati Mansudae, uno degli istituti d’arte più grandi al mondo. Oltre quattromila dipendenti e mille scultori, pittori, finitori e ricamatori in servizio in laboratori e cantieri sparsi su 120mila metri quadrati: orgoglio della Corea del Nord che scavalca il filo spinato del 38° parallelo e conquista l’occidente, non con l’atomica o una malconcia dinastia comunista, ma con lo stile.

Attività artistica ed economica
Forse non è un caso che l’unico rappresentante di Mansudae all’estero sia un italiano, per di più fiorentino, Pier Luigi Cecioni. Editore, appassionato di musica e d’arte, visitò Pyongyang la prima volta portando la sua orchestra a un festival. “In Italia, in nord Europa e perfino negli Stati Uniti c’è molta domanda da parte dei privati, di solito interessati alle opere più convenzionali”, spiega ora al telefono. “A Milano, alla galleria Deodato, nel 2016 sono stati esposti acquerelli, oli e ricami con motivi floreali tipici della scuola nordcoreana”.

Le capacità tecniche e il talento delle maestranze di Mansudae, quasi sempre anonime in omaggio all’ideale collettivista, sono riconosciute al livello internazionale. A palazzo Cini, Luciano Benetton sarebbe rimasto estasiato di fronte a un arazzo in seta intessuto per la sua collezione Imago Mundi: una mappa dai mille colori, capolavoro di 80 ricamatrici che hanno trasformato i continenti in collage di piante e animali. Più di recente è stato inaugurato il museo panoramico di Angkor, in Cambogia, che riproduce a 360 gradi battaglie e vita quotidiana sotto l’impero khmer con 45mila figure. L’opera è stata realizzata e finanziata da Mansudae, che per dieci anni incasserà i proventi delle visite dei turisti. Un segnale, confermato dalle sanzioni dell’Onu del 30 novembre 2016, di come la dimensione economica sia centrale nell’attività dell’istituto.

Nello studio Mansudae a Pyongyang, il 29 novembre 2016. (Ed Jones, Afp)

“La Corea del Nord ha buoni rapporti con molti paesi in via di sviluppo e più che cercare di acquisire un’influenza politica trae vantaggio dal gioco della domanda e dell’offerta”, sottolinea Cecioni: “Molti leader vogliono monumenti colossali, soprattutto in Africa, e i nordcoreani in questo campo hanno esperienza”. Mosaici, manifesti, bassorilievi. Monumenti alla resistenza antigiapponese e alla rivoluzione socialista. Basta cercare sulla mappa Mansudae, la collina che domina Pyongyang con la statua al “presidente eterno” Kim Il-sung. Alto quasi 30 metri, sorriso paterno e braccio verso il sol dell’avvenire. Modello dei giganti che hanno punteggiato l’Africa, non senza qualche polemica.

Il presidente senegalese Abdoulaye Wade pretese che i volti del rinascimento africano fossero scolpiti daccapo per via di quegli occhi vagamente a mandorla. Meno critico il primo capo di stato della Namibia, Sam Nujoma, committente di un milite ignoto che pare un autoritratto. Opere vendute a caro prezzo, non solo al Congo o al Gabon, alla Cambogia o all’Etiopia. Tra i committenti c’è il comune di Francoforte, che per 200mila dollari ha fatto restaurare la Fontana delle favole.

E ora che succede, con le sanzioni, mentre in Malesia si indaga sull’omicidio chimico del fratellastro di Kim Jong-un? “Bisognerà capire se e come i governi africani applicheranno il divieto dell’Onu”, risponde Cecioni: “C’era il progetto di un complesso monumentale in Angola, con un bassorilievo raffigurante la bandiera nazionale con il machete, la ruota dentata e la stella; volevano acquistare marmi di Carrara, ma adesso non so”.

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