05 giugno 2020 13:23

Ci sono pezzi bellissimi che pagano una durata che li rende scomodi per un concerto. Il primo concerto per piano di Felix Mendelssohn, op. 25, è uno di questi. Dura una ventina di minuti, quindi troppo poco per dedicargli metà del programma. Ci vuole qualcos’altro per rimpinzare il menu della prima parte della serata, ma una piccola ouverture non basta, serve un pezzo che duri almeno altri venti minuti: significa molto lavoro in più per orchestra e direttore. È forse anche per questo che, per esempio, i più agili e popolari poemi sinfonici di Richard Strauss (Don Juan, Till Eulenspiegel) hanno una discografia ricchissima ma io aspetto ancora di sentirmeli proporre dal vivo, mentre quelli mastodontici tipo Ein Heldenleben spuntano ogni due per tre.

Peccato per Mendelssohn, perché il suo primo concerto, del 1831, è uno dei lavori più piacevoli di un compositore che nei suoi 38 anni di vita ne ha scritti un’infinità. Nel suo sempre preziosissimo Guida all’ascolto della musica sinfonica (Feltrinelli 1967, 2014) Giacomo Manzoni scrive:

È un pezzo scritto nel segno di un brillante virtuosismo, senza malinconie, senza ripensamenti: dal principio alla fine esso fluisce con una scioltezza di discorso e con una prestigiosità tecnica da travolgere anche l’ascoltatore più distratto.

Impossibile distrarsi con l’esecuzione di Rudolf Serkin, che, come diceva Piero Rattalino in Da Clementi a Pollini (Ricordi 1983, 2013), “dà sempre l’impressione di essere l’inventore che sta scoprendo e che non riflette sulla sua nuova scoperta perché la trova nuova e bella”. Poi citava Chopin: “Mentre si compone sembra che tutto vada bene: se fosse diversamente non si scriverebbe mai”. All’epoca Mendelssohn, che aveva 22 anni, scriveva già tantissimo. Meno male. Riscopriamo il suo concerto con questo disco perfetto.

Mendelssohn: concerti per pianoforte e orchestra
Rudolf Serkin, piano; Philadelphia Orchestra, direttore: Eugene Ormandy
Sony Classical, 1957

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