06 agosto 2013 15:05

Da sinistra a destra: Francisco Santos, Álvaro Uribe e Juan Manuel Santos nel 2007. (Fernando Vergara, Ap/Lapresse)

In questi giorni i giornali colombiani sono pieni di commenti e analisi su una disputa familiare che meglio di altre vicende aiuta a capire qualcosa su come funziona il potere – politico, economico, culturale – in questo paese.

È la storia della famiglia Santos, in particolare dei due cugini Juan Manuel, attuale presidente, e Francisco detto “Pacho”. Il primo è stato ministro della difesa nel secondo governo di Álvaro Uribe (2006-2010), poi suo delfino nella corsa presidenziale del 2010 (la costituzione impediva a Uribe di correre per un terzo mandato) e infine suo arcinemico, perché dopo essere stato eletto presidente si è discostato radicalmente dalle scelte del suo predecessore. Pacho Santos è stato vicepresidente durante i due mandati di Uribe, ma a differenza del cugino è rimasto fedele all’ex presidente, e adesso punta a farsi scegliere come candidato del partito di Uribe per le elezioni del 2014. Se ci riuscisse correrebbe per la presidenza, contro suo cugino.

Destini intrecciati. L’evoluzione delle vite e delle carriere politiche di Juan Manuel e Pacho è stata raccontata bene dall’Espectador nell’edizione del 3 agosto. Riporto alcuni passaggi.

“Juan Manuel e Francisco sono nipoti di uno dei più influenti giornalisti della storia colombiana, Enrique Santos Monteyo, e pronipoti di Eduardo Santos, che è stato presidente del paese tra il 1938 e il 1942. Tra di loro ci sono dieci anni di differenza: l’attuale presidente è nato nel 1951, suo cugino Francisco nel 1961”.

Continua El Espectador: “Nel 1967, quando Pacho era ancora un bambino, suo cugino di primo grado entrava nell’esercito come cadetto. Qualche anno dopo, Juan Manuel sarebbe andato a studiare negli Stati Uniti, nell’università del Kansas. Poi, nel 1972, avrebbe cominciato a lavorare per la Federazione nazionale dei produttori di caffé, che ha rappresentato per nove anni di fronte all’Organizzazione internazionale del caffé, a Londra. Quando è tornato in Colombia, nel 1981, suo cugino Francisco si era appena trasferito negli Stati Uniti, a studiare prima all’università del Kansas e poi a quella di Austin, in Texas”.

Qualche anno prima, a metà degli anni settanta, due eventi avevano avvicinato ulteriormente i destini dei due cugini: “La morte del nonno Enrique (nel 1971), e quella del prozio Eduardo (nel 1974), avevano fatto in modo che il controllo del quotidiano El Tiempo, il più diffuso giornale colombiano, passasse nelle mani di Enrique e di Hernando Santos, i padri di Juan Manuel e Francisco. Nel 1984 il primo era già vicedirettore, mentre il secondo cominciava a scalare rapidamente le gerarchie del giornale di famiglia. Nel frattempo, entrambi cominciavano a guardare con interesse alla carriera politica”.

(A proposito del rapporto tra famiglie storiche, giornali e potere politico: il direttore di Semana, la più importante rivista del paese, è Alejandro Santos, nipote del presidente; la rivista Soho, un mensile che pubblica alcuni dei migliori autori del paese, è diretta da Daniel Samper Ospina, figlio del noto giornalista d’inchiesta Daniel Samper Pizano e nipote di Ernesto Samper, presidente della Colombia tra il 1994 e il 1998. E come ho spiegato in un post precedente, l’attuale direttore del Espectador, Fidel Cano Correa, è il bisnipote del fondatore del giornale e nipote di Guillermo Cano, il direttore ucciso da Pablo Escobar nel 1986).

L’epoca di Pablo Escobar. Alla fine degli anni ottanta, la violenza scatenata da Pablo Escobar ha finito per dividere i cammini dei due cugini, e un po’ alla volta le loro idee politiche sono diventate incompatibili. Il 19 settembre del 1990 Francisco fu sequestrato dagli uomini di Escobar. Venne liberato solo otto mesi dopo. Quello stesso anno Juan Manuel lasciava definitivamente il giornalismo per diventare ministro del commercio estero. Mentre la guerriglia e i gruppi paramilitari incazavano e il paese sprofondava in una guerra civile, Juan Manuel e Pacho si allontanavano ulteriormente: il primo favorevole al dialogo per arrivare alla pace, il secondo intransigente, contrario a ogni apertura da parte dello stato. Oggi nessuno dei due ha cambiato idea, e questo argomento resta il principale punto di scontro tra i cugini.

A metà degli anni duemila c’è stato un riavvicinamento: “Nel 2006 Álvaro Uribe, eletto presidente per la seconda volta, ha scelto Juan Manuel come ministro della difesa e ha confermato Pacho come vicepresidente. Nei quattro anni seguenti, nella stessa squadra di governo, e con la stessa soddisfazione, i cugini hanno celebrato i duri colpi inflitti dall’esercito ai guerriglieri delle Farc”.

Il resto è storia politica recente: “Fino a un anno fa, prima che si sapesse della volontà del presidente di negoziare con le Farc, i rapporti erano tutto sommato buoni. Quando sono cominciate le trattative dell’Avana, Juan Manuel e Francisco hanno ricominciato a lanciarsi frecciate sui giornali e in tv. L’ultima pochi giorni fa, quando Juan Manuel ha detto a un giornalista: “Provi a immaginare cosa diventerebbe questo paese se a governarlo fosse Pacho Santos”, e ha fatto capire che non gli dispiacerebbe per niente ritrovarsi suo cugino come avversario per le presidenziali.

Insomma: due rampolli della stessa famiglia, cresciuti nello stesso ambiente sociale, con studi universitari simili e con lo stesso percorso dal giornalismo alla politica, divisi solo dalla figura ingombrante di Álvaro Uribe, potrebbero contendersi la presidenza del paese l’anno prossimo. Credo che questa storia dica molto sul sistema politico, sul mondo editoriale, sull’accesso all’istruzione e sul peso dei legami familiari in un paese dove alcuni incarichi in politica ed economia sembrano passare di padre in figlio, o di nonno in nipote, quasi seguendo una linea ereditaria.

Alessio Marchionna lavora a Internazionale dal 2009. Editor delle pagine delle inchieste, dei ritratti e dell’oroscopo. È su twitter: @alessiomarchio

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