04 ottobre 2020 15:00

Dopo aver ottenuto la medaglia d’argento ai giochi olimpici di Anversa nel 1920, la nazionale spagnola di calcio subì una cocente delusione alle olimpiadi di Parigi del 1924, dove fu eliminata al primo turno dall’Italia a causa di un autogol di Vallana. Bisognava assolutamente rimediare a quello smacco, e la Spagna ci riuscì un anno dopo contro la Svizzera, vicecampione olimpica. La partita si disputò il 1 giugno del 1925 a Berna: l’argento di Parigi contro l’argento di Anversa.

In quell’occasione tra gli spagnoli debuttò Juan Errazquin, un ragazzino che si sarebbe fatto notare. La Spagna vinse tre a zero con una sua tripletta. Per completare la rivincita, il 14 dello stesso mese la Spagna ospitò l’Italia a Valencia. Errazquin arrivò circondato da un’aura di attesa, di cui si dimostrò all’altezza: segnò l’unico gol della partita. Gran Vida, splendida rivista dell’epoca, gli dedicò la copertina e gli fece un’intervista in cui Errazquin dichiarò di essere un amante sensazionale. All’epoca lavorava come imballatore alla dogana.

Quel ragazzo prodigio, curiosamente, era nato in Argentina, a Los Leones, in provincia di Córdoba, figlio di genitori baschi che erano tornati in patria quando Juan era ancora bambino. Il ragazzo crebbe a Irún, non lontano da San Sebastián, dove si innamorò del calcio e della grande generazione di irundarras protagonista della medaglia d’argento di Anversa: Eguiazábal, Vázquez e soprattutto Patricio Arabolaza, il centravanti che segnò il primo gol della storia della nazionale spagnola.

Quattro gol al Boca
Lo sviluppo precoce di Errazquin permise al Real Unión di gestire il ritiro di Arabolaza, che sostanzialmente arrivò con la squalifica di un anno dopo la selvaggia finale della Copa del 1922, contro il Barça. Quando terminò la squalifica, Arabolaza aveva trent’anni e poca voglia di giocare. Accanto a lui, a centrocampo, giocava le sue prime partite Errazquin, ancora diciassettenne. Arabolaza diede ufficialmente l’addio al calcio nel 1923, e il ragazzo ereditò il ruolo di fulcro dell’attacco, contribuendo alla vittoria della Copa nel 1924. Errazquin era il moccioso in una squadra di grandi nomi: il portiere Emery, nonno dell’attuale allenatore del Villareal, l’erculeo Anatol, René Petit, Eguiazábal, Vázquez, Gamborena, Luis Regueiro.

Due mesi prima della sfida con la Svizzera, Errazquin aveva segnato quattro gol contro il Boca Juniors, facendo molto scalpore in Argentina. Quella tournée del Boca fu un grande evento. L’Uruguay aveva vinto l’oro a Parigi nel 1924, e l’Argentina, che si sentiva al livello dei “vicini”, aveva organizzato un viaggio in l’Europa per recuperare un po’ di prestigio. In mancanza di un accordo per inviare la nazionale, fu il Boca a partire. La squadra di Buenos Aires cominciò da Vigo e La Coruña, poi passò da Madrid prima di arrivare trionfalmente a Irún, dove andò a infrangersi sul 4 a 0 firmato dal nostro eroe.

La tournée del Boca, che proseguì con altre partite in Spagna, Germania e Francia, si concluse con quindici vittorie, un pareggio e tre sconfitte, di cui l’unica degna di nota fu quella di Irún. Al Boca Juniors, che per andare in Europa aveva rinunciato al campionato nazionale, la federazione argentina assegnò una coppa come “campione d’onore” in segno di riconoscimento per i risultati ottenuti. Il fatto che Juanito Errazquin fosse nato in Argentina (anche se era partito prima di scoprire cosa fosse un pallone) fu presentato come giustificazione della sconfitta.

Errazquin cominciò ad avere spesso la febbre e a saltare le partite. L’ultima la giocò a Las Gaunas, nel novembre del 1928

A Irún acclamavano Errazquin chiamandolo “americano”, perché sapevano della sua nascita oltre oceano, ma anche perché era biondiccio, una rarità tra i baschi dell’epoca. Di sicuro era il preferito dei tifosi. Non era corpulento come gli arieti del tempo, ma aveva energia, costanza e un gran tiro. Negli anni ottanta, quando cominciò a brillare la stella di Jean Pierre Papin, un tifoso della squadra di Irún di quasi novant’anni mi disse che il francese giocava esattamente come Errazquin.

La disgrazia, però, era dietro l’angolo. Errazquin cominciò ad avere spesso la febbre e a saltare le partite. L’ultima la giocò a Las Gaunas, nel novembre del 1928. Alla fine arrivò la diagnosi, fatale per l’epoca: tubercolosi. Morì il 13 gennaio del 1931. Il suo funerale, con la bara portata a spalla dai compagni di squadra, paralizzò Irún. Errazquin se ne andò dopo aver giocato appena sei partite in nazionale. Cinque vittorie e un pareggio. Sei gol segnati.

Il ricordo di Errazquin è stato rispolverato recentemente da Ansu Fati, il giocatore del Barcellona che gli ha strappato il record di goleador più giovane della nazionale. In realtà i quotidiani dell’epoca e il cartellino di Errazquin riportano come anno di nascita il 1905, non il 1906. Dunque il suo record sarebbe stato già battuto da Jaime Lazcano, ala navarra del Madrid, il 15 maggio del 1929, contro l’Inghilterra, in quel 4 a 3 che per gli inventori del calcio fu la prima sconfitta nel continente. Quel giorno Lazcano aveva 19 anni e 136 giorni. Se Errazquin era effettivamente nato nel 1905, quando esordì in nazionale aveva 19 anni e 344 giorni. Ma lui non si limitò a segnare un gol: ne fece tre, in casa dei vicecampioni olimpici, che all’epoca significava vicecampioni del mondo. Difficile che qualcuno ci riesca di nuovo. Errazquin è stato il James Dean del calcio spagnolo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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