11 settembre 2017 17:52

Debole è il cuore di una giornalista non obiettiva. Debole ed elastico. A un certo punto si contrae per la paura: un sms mi avverte che l’esercito israeliano ha invaso il villaggio palestinese di Al Auja, in Cisgiordania. Il cuore batte forte: sarà colpa mia? È la punizione per gli articoli che ho scritto sul comandante della valle del Giordano che esegue gli ordini di un colono e non permette ai pastori beduini di Al Auja di raggiungere i pascoli?

I beduini della tribù Kaabneh sono tenuti lontani dai pascoli da 13 anni dal proprietario di un ranch illegale. Ma di recente insieme agli attivisti dell’ong israeliana Taayush e di quella italiana Operazione colomba hanno deciso di sfidare il selvaggio west, che può contare su pistole, soldati, bugie e il sostegno dello stato. Forse mi stanno mandando un messaggio, mi stanno invitando a chiudere la bocca? O sono solo paranoica e megalomane?

Per fortuna ricevo dei commenti positivi a un editoriale in cui invitavo Belgio, Paesi Bassi e Francia ad approvare delle sanzioni contro Israele, invece di limitarsi a condannare le demolizioni. Come i divieti di costruire, le demolizioni sono un mezzo per espellere le persone verso le enclave gestite dall’Autorità palestinese e preparano il terreno a un’espulsione più grande, verso la Giordania. Cosa farà l’occidente quando accadrà? Si limiterà a distribuire acqua e tende ai milioni di profughi? I commenti positivi mi aprono il cuore. Ma poi si contrae di nuovo: non c’è niente da festeggiare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata l’8 settembre 2017 a pagina 29 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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