06 novembre 2017 17:58

Sul sito in ebraico di Haaretz c’è un blog intitolato “Non l’abbiamo toccato”, in cui sono pubblicati testi di fonti ufficiali che risultano offensivi, ridicoli o strani. Questa settimana è stata pubblicata una lettera dell’ottobre del 1994 in cui si facevano le congratulazioni a Benjamin Netanyahu e a sua moglie Sara per la nascita del figlio Avner.

La lettera era firmata da Rehavam Zeevi e da sua moglie Yael. Zeevi, un ex militare, era il leader di un partito che voleva espellere i palestinesi negli altri paesi arabi. Nell’ottobre del 2001, quando era ministro del turismo, Zeevi fu poi assassinato da esponenti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. La sua lettera diceva: “Congratulazioni per la nascita di vostro figlio. Molti bambini ebrei e il trasferimento degli arabi: ecco la risposta al problema demografico di Israele”.

Questa settimana sono tornata a Hebron e, come sempre succede, sono rimasta colpita dalla crudeltà della situazione: la città è svuotata dei suoi abitanti palestinesi, resta solo una lunga striscia di negozi chiusi, scollegati dal resto dell’abitato. I palestinesi non sono autorizzati a guidare le auto e non possono percorrere alcuni tratti di strada, anche se lì ci sono le loro case. La lista dei divieti è troppo lunga per essere citata integralmente.

Ho conosciuto un giovane che vive ancora a Hebron con la madre e la moglie. Sono un modello di sumud, resilienza. Ma anche lui sta pensando di lasciare il paese: non è un posto dove realizzare i propri sogni, mi ha detto.

Questa rubrica è stata pubblicata il 3 novembre 2017 a pagina 32 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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