10 aprile 2014 07:00

Anche se per il momento non bisogna abbandonare la prudenza, è possibile che entro luglio le grandi potenze e l’Iran raggiungano un accordo sul nucleare, la cui firma modificherebbe radicalmente lo scenario in Medio Oriente.

Mercoledì sera, dopo l’ultima tappa del negoziato aperto in autunno, il ministro degli esteri iraniano Mohammed Zarif ha dichiarato che “il 50-60 per cento” dell’accordo finale è ormai concordato. Gli americani hanno definito “professionali e utili” i colloqui bilaterali con la delegazione iraniana, mentre il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha sottolineato che gli iraniani stanno mantenendo un atteggiamento “collaborativo” nell’applicazione dell’accordo provvisorio siglato a novembre. La notizia più importante, comunque, è che con l’avvio della redazione dell’accordo finale il negoziato è ormai entrato nel vivo.

Nella migliore delle ipotesi entro tre mesi si arriverà alla firma di un accordo basato su un meccanismo di verifica internazionale del programma nucleare iraniano. Appena Teheran rinuncerà definitivamente alla bomba atomica, le sanzioni internazionali saranno cancellate e l’Iran, uno dei maggiori produttori mondiali di gas e petrolio, sarà reintegrato nel mercato mondiale. Un esito di questo tipo avrebbe tre conseguenze di grande portata.

La prima è che il prezzo dell’energia calerebbe a causa dell’aumento dell’offerta, e questa sarebbe un’ottima notizia per l’economia mondiale e soprattutto per la Cina e l’Unione europea, che non dispongono di risorse proprie. A pagarne le conseguenze sarebbe invece la Russia, che ricava gran parte dei suoi introiti dalla vendita del gas e del petrolio, usata anche come strumento politico. La posizione di Vladimir Putin ne risulterebbe indebolita, proprio mentre la crescita economica russa è in forte calo e la crisi ucraina potrebbe accelerare la fuga dei capitali e il rallentamento degli investimenti stranieri.

La seconda conseguenza è che sulla scena politica iraniana la popolarità dei riformatori, eletti all’inizio dell’estate con la promessa di cancellare le sanzioni internazionali, avrebbe un’impennata. Il governo iraniano diventerebbe intoccabile, e avrebbe la possibilità di introdurre le riforme attese dalla popolazione. In ogni caso è impossibile prevedere se il nuovo potere iraniano riuscirà a evitare l’irrigidimento dei conservatori e le manifestazioni di piazza in favore delle riforme. In altre parole, la cancellazione delle sanzioni deciderà il futuro dello stato iraniano.

La terza conseguenza è che l’Iran, a meno che non sia travolto da una rivoluzione, potrà finalmente diventare quello che il suo livello culturale, la sua forza militare e le sue risorse naturali gli permettono di essere: il paese più forte del Medio Oriente, una potenza regionale che potrà però affermarsi soltanto rassicurando i suoi vicini.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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