03 aprile 2015 09:42

Un nuovo capitolo è stato appena aperto. Forse non sarà meno pericoloso di quello che si è chiuso, ma oggi ci sono comunque buoni motivi per esultare. Il primo è che le due alternative al compromesso raggiunto il 2 aprile sul nucleare iraniano erano molto più inquietanti di un accordo che, per sua natura, è comunque imperfetto.

La prima alternativa era la guerra, con il bombardamento delle strutture per l’arricchimento dell’uranio nella repubblica islamica, una scelta che non avrebbe fatto altro che ritardare l’accesso di Teheran all’arma atomica e aprire un ciclo incontrollabile di rappresaglie. La seconda era l’attesa, con il rafforzamento delle sanzioni che strangolano l’economia iraniana, una strategia che avrebbe sicuramente provocato l’accelerazione della marcia iraniana verso la bomba. Nessuna di queste due alternative era auspicabile né avrebbe potuto portare a un progresso.

La seconda buona notizia è che il realismo ha trionfato, sia a Teheran, dove hanno preferito la cancellazione delle sanzioni al progetto nucleare, che nelle capitali occidentali, che hanno ammesso che il ritorno dell’Iran sul palcoscenico diplomatico internazionale è un risultato abbastanza importante da consentire a Teheran di salvare la faccia. Come accade con ogni compromesso, ci sono state concessioni reciproche.

L’Iran ha accettato di ridurre di un terzo il numero di centrifughe che utilizzava per arricchire l’uranio a un ritmo che non aveva alcuna giustificazione civile e che al contrario rivelava l’esistenza di un programma militare. Teheran ha inoltre accettato ispezioni e verifiche che gli impediranno di costruire la bomba senza che il mondo abbia il tempo per reagire. Le grandi potenze, del canto loro, hanno accettato di cancellare progressivamente le sanzioni e di permettere all’Iran di portare avanti un programma di ricerca che lo renderà uno “stato di soglia”, ovvero un paese in grado di costruire la bomba in meno di un anno.

È per questo che Israele e i paesi sunniti hanno parlato di accordo scriteriato. La verità è che potrebbero anche avere ragione, ma resta il fatto che non c’erano alternative valide e che l’accordo favorirà un’evoluzione politica a Teheran, positiva per il paese, ma anche per la regione e il resto del mondo.

Al momento non è escluso che, come sperano le potenze occidentali, i riformatori usciti vincitori dalle presidenziali di due anni fa possano sfruttare il successo del 2 aprile e il maggiore benessere economico per avviare un processo di liberalizzazione interna e portare il paese a intraprendere un percorso vero, un compromesso regionale con i paesi sunniti e magari anche con Israele.

Sfortunatamente è altrettanto possibile che l’Iran si serva di questa tregua e del denaro che arriverà dalla cancellazione delle sanzioni per continuare a imporsi in tutto il Medio Oriente sfidando i paesi sunniti e Israele.

Non è il momento di fare scommesse. Il capitolo che si è aperto è altrettanto pericoloso e incerto di quello che si è appena chiuso, ma quanto meno siamo davanti a un cambiamento. Il futuro non è più scontato e preoccupante, ma ci sono due alternative: una inquietante e l’altra auspicabile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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