Senza firma non esiste accordo, ma in questo caso vale la pena anticipare i tempi. Il primo insegnamento che possiamo trarre dal compromesso che la Grecia e i suoi partner europei dovrebbero firmare nei prossimi giorni è che ormai è rimasta solo l’estrema destra (in Francia e altrove) a chiedere l’abbandono del progetto europeo.

I greci hanno eletto una maggioranza proveniente dall’estrema sinistra che ha criticato aspramente le politiche di riduzione del debito e della spesa adottate dall’Unione. La nuova sinistra aveva tutte le ragioni per farlo, perché le condizioni imposte in cambio dell’aiuto finanziario sono state socialmente crudeli, ma allo stesso tempo Atene non ha mai pensato nemmeno per un attimo di uscire dall’euro e dall’Unione europea.

Agli occhi dei leader greci un passo di questo tipo sarebbe stato folle, perché una solidarietà condizionata è meglio di una mancanza totale di solidarietà e perché il futuro dei paesi europei è chiaramente legato alla loro unità davanti agli stati-continente e alle altre unioni regionali che domineranno il nostro secolo. Tutte le forze politiche europee sono perfettamente consapevoli di questa realtà, tranne l’estrema destra.

Il secondo insegnamento che possiamo trarre dal compromesso annunciato è che il tandem franco-tedesco è ancora la principale forza motrice dell’Europa. Il presidente francese, la cancelliera tedesca e i loro collaboratori sono stati infatti in prima linea durante questi interminabili negoziati, così come hanno gestito la crisi ucraina e gestiranno presto il rafforzamento politico dell’eurozona all’interno dell’Unione europea.

Il terzo insegnamento è che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, imposto ai capi di stato dalla coalizione nata dalle ultime elezioni europee, è intenzionato a far evolvere il suo incarico. Più legittimato rispetto ai suoi predecessori perché investito di un mandato parlamentare, Juncker è diventato un attore essenziale sulla scena europea, come dimostrano il ruolo di facilitatore che ha ricoperto nei negoziati e nel piano d’investimenti imposto agli stati membri, la flessibilità con cui applica le regole di bilancio e la sua chiara volontà di rafforzare l’unità politica dell’eurozona.

Il quarto insegnamento è che il compromesso, con le sue lentezze, ma anche con la sua efficacia, si sta affermando come il metodo di funzionamento principale dell’Europa. Il quinto insegnamento da trarre da questa lunga maratona diplomatica, infine, è che gli Stati Uniti, dopo aver temuto a lungo un’eccessiva crescita dell’Europa, oggi hanno bisogno di un’Unione forte sulla scena internazionale. Se così non fosse, Washington non avrebbe chiesto con così tanta insistenza un’intesa ragionevole ad Atene e nel resto d’Europa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it