26 maggio 2017 10:34

La situazione è ancora poco chiara. Il vertice della Nato del 25 maggio a Bruxelles avrebbe potuto offrire a Donald Trump l’occasione di chiarire le sue posizioni e rassicurare gli alleati europei degli Stati Uniti su tre punti fondamentali.

Trump avrebbe potuto dire che, tutto considerato, intende rispettare gli accordi di Parigi sul clima. Avrebbe potuto ammettere di aver sbagliato a dire che l’Alleanza atlantica è obsoleta, ma resta essenziale agli occhi degli americani. Avrebbe potuto precisare la sua visione dei rapporti con la Russia di Vladimir Putin. Ma non ha fatto niente di tutto questo.

A proposito dell’accordo sul clima Trump ha fatto capire che non prenderà una decisione prima del suo ritorno a Washington. Anche se non ha più parlato di seppellire la Nato, si è ben guardato dal ricordare che qualsiasi attacco contro uno degli stati che ne fanno parte provocherebbe una risposta di tutti gli altri e dunque anche degli Stati Uniti. Anzi ha fatto pressione sugli europei perché paghino i loro debiti nei confronti dei contribuenti americani aumentando i loro finanziamenti per l’organizzazione militare dell’Alleanza atlantica.

Serrare i ranghi in Europa
Quanto alla Russia, è difficile capire le posizioni di questo presidente che riteneva Putin un uomo eccezionale ed esultava per l’hackeraggio informatico della campagna di Hillary Clinton e che oggi si trova a essere sospettato di avere legami con il Cremlino e intanto parla dei russi come di una minaccia che la Nato dovrebbe affrontare.

Se c’è una conclusione da trarre da questo vertice è che la politica di Trump è indecifrabile, che il presidente naviga a vista, che la sua unica idea politica è che bisogna ridurre le tasse per i più ricchi e tagliare gli aiuti ai più svantaggiati (come dimostra il suo progetto di bilancio) e che è arrivato il momento che gli europei serrino i ranghi, gettino le basi di una difesa comune e dotino l’Unione di una politica estera.

È il momento di scoprire le carte e proporre a Putin un do ut des

È difficile e niente è ancora fatto, ma l’Europa si è incamminata sulla strada giusta.
La necessità di una difesa comune è accettata dallo scorso autunno. Francesi e tedeschi lavorano al rafforzamento dell’eurozona preparando una serie di proposte comuni per giugno, grazie all’azione di Emmanuel Macron e Angela Merkel.

Esiste una chiara volontà dei più vecchi componenti dell’Unione (non solo Parigi e Berlino) di andare avanti in questi due ambiti, ma per quanto riguarda la politica estera europea tutto è ancora da vedere.

Potremmo sostenere che la politica estera comune può nascere naturalmente dall’affermazione della difesa comune, dall’armonizzazione delle politiche economiche e dalla definizione degli interessi da proteggere e promuovere, ma in fondo non basta. Ci vogliono anche iniziative, idee e gesti, e da questo punto di vista la partita che Macron giocherà il 29 maggio a Versailles ricevendo Putin sarà più importante di quella del 25 maggio con Trump, perché nel rapporto con la Russia è in gioco la stabilità del continente Europa. È il momento di scoprire le carte e proporre a Putin un do ut des, di cui ci occuperemo nel prossimo episodio di questa rubrica.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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