13 giugno 2017 11:40

È uno dei paesi più amati dai francesi. Il Marocco, dove Emmanuel Macron è atteso il 14 giugno per una visita di 48 ore, è il miscuglio inestricabile di una monarchia onnipotente e sfarzosa, un pluralismo politico e delle libertà sottilmente negoziate con il palazzo: libertà di stampa, libertà del parlamento e libertà dei partiti, che hanno limiti da non oltrepassare ma sono comunque, insieme a quelli della Tunisia, i più solidi del mondo arabo.

Fin da quando era un protettorato il Marocco ha conservato con la Francia legami economici, politici e culturali che non si sono mai allentati, anzi si sono approfonditi grazie ai numerosi matrimoni misti franco-marocchini. Il sentimento di amicizia che la Francia prova per questo paese è assolutamente ricambiato, al punto che i marocchini non gradiscono che i francesi siano così attenti a migliorare i loro rapporti con l’Algeria, che non è in buoni rapporti con il Marocco. Quindi è logico e saggio che Macron non abbia aspettato troppo tempo per andare a Rabat, ma al suo arrivo troverà un paese in preda alla tensione.

Le manifestazioni di piazza si moltiplicano. Un movimento di protesta nei confronti del governo sembra prendere slancio ogni giorno che passa da quando, a fine ottobre, nel Rif, nel nord del paese, un pescatore è morto in maniera atroce, schiacciato dagli ingranaggi di un camion della nettezza urbana. Mouhcine Fikri era appena stato fermato dalla polizia perché stava vendendo del pesce spada, la cui pesca in quel periodo dell’anno è vietata. La polizia gli ha sequestrato i pesci e ha gettato tutto nel camion della nettezza urbana. Ma poiché quello era l’unico mezzo di sostentamento di Fikri, lui ha cercato di recuperarli finendo per essere risucchiato dal meccanismo. La scena, filmata da un passante con il telefono, è rimbalzata sui social network suscitando l’orrore di tutto il paese e scatenando la rivolta del Rif.

I mesi passano e gli abitanti del Rif sono ormai diventati gli eroi di tutti i marocchini

Il Rif è una delle regioni berbere del paese. Nella prima metà degli anni venti si era ribellato contro la colonizzazione spagnola e francese, e dopo l’indipendenza la regione aveva nuovamente imbracciato le armi contro il potere centrale, che l’aveva punita abbandonandola. Dopo la morte di Hassan II e l’avvento del figlio Mohammed VI, attuale sovrano, questo ostracismo è finito, ma il Rif continua a soffrire un ritardo drammatico rispetto al resto del paese. La morte di Fikri ha risvegliato i rancori e da sette mesi la regione è in rivolta, una rivolta pacifica ma che non accenna a sfumare.

Il movimento ha un nome, Hirak al shaabi, e davanti alla sua portata il potere fa di tutto, promettendo investimenti e piani di sviluppo, ma allo stesso tempo arresta i capi della rivolta, accusati di attentare all’integrità del regno.

I mesi passano e gli abitanti del Rif sono ormai diventati gli eroi di tutti i marocchini che non sopportano più la coesistenza tra una povertà di massa e un manipolo di grandi ricchi. L’11 giugno, a Rabat, decine di migliaia di persone hanno manifestato al grido di “libertà, dignità e giustizia sociale”. La classe politica si divide. Non è una rivoluzione, ma di sicuro è una rivolta.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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