11 ottobre 2017 10:17

Il peggio è stato evitato. Probabilmente non sarà necessaria una prova di forza immediata, ma è altrettanto vero che non è stato risolto niente, perché a questo punto bisognerebbe che il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy si dimostrasse ancora più astuto di quanto non lo sia stato il 10 ottobre il capo dell’esecutivo catalano Carles Puigdemont.

Indipendentista fin dall’adolescenza, Puigdemont è riuscito a riaffermare il diritto all’indipendenza della Catalogna appoggiandosi ai risultati del referendum del 1 ottobre, proponendo al contempo di “sospendere” l’applicazione di questa dichiarazione d’indipendenza (che non è stata formalmente presentata) per avviare una trattativa e trovare una soluzione concordata di cui però non ha precisato la natura.

Puigdemont, insomma, ha detto tutto e il contrario di tutto. Ognuno poteva interpretare le sue parole come voleva, tanto sono state ambigue. Il governo spagnolo non ha sbagliato quando ha definito “inaccettabile” una “dichiarazione implicita di indipendenza seguita da una sospensione esplicita”. Effettivamente è andata proprio così. L’indipendenza è stata implicita, ma la sua sospensione è stata talmente esplicita che Madrid non può facilmente optare per un’amministrazione diretta della Catalogna cancellandone l’attuale autonomia.

Spinta verso la trattativa
Questo è il messaggio inviato da Puigdemont a Mariano Rajoy: Madrid deve accettare la trattativa che finora ha sempre evitato, perché altrimenti passerebbe dalla parte del torto. Secondo il presidente catalano non esiste più alcun motivo di non sedersi al tavolo del negoziato considerando che non c’è stata una dichiarazione formale d’indipendenza.

Puigdemont è stato estremamente abile. Ma cosa può fare a questo punto il governo spagnolo?

Rajoy non può trattare apertamente con gli indipendentisti. Anche se volesse farlo, la sua base, quella della destra spagnola, non glielo permetterebbe. Madrid non può nemmeno ricorrere alla forza senza esporsi a grandi rischi, perché il discorso di Puigdemont non ha fornito un pretesto per passare all’azione. E così torniamo al nocciolo della questione, evidente fin dall’inizio di questa crisi.

Tra spagnoli e catalani, o più precisamente tra gli avversari e i sostenitori dell’indipendenza, è necessaria una mediazione che permetta di trovare un compromesso, una forma di indipendenza nell’interdipendenza su cui i catalani dovrebbero poi pronunciarsi con un referendum, questa volta legale.

Se arriveremo a questo punto non ci sarà la temuta spaccatura della Spagna, perché gli elettori non la sosterrebbero. Ma per farcela è indispensabile che le capitali europee offrano, discretamente, il loro contributo. Non c’è un momento da perdere, perché la miccia resta accesa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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