23 febbraio 2018 11:57

Sì, no, no, sì e per il momento di nuovo no. Non c’è accordo tra i membri del Consiglio di sicurezza sul progetto di risoluzione che prevede un cessate il fuoco di un mese in Siria. Lo ha annunciato giovedì il rappresentante russo alle Nazioni Unite. Questo significa che allo stato attuale la Russia sta bloccando il progetto ponendo il veto e che proseguirà il bombardamento della Ghuta, alle porte di Damasco, e di Idlib, nel nordest del paese.

Un’inversione di rotta è ancora possibile, ma è più probabile che uomini, donne e bambini continueranno a morire a centinaia sotto una pioggia di bombe e che la morte e la fame provocheranno la resa degli ultimi due bastioni dell’insurrezione. Esattamente ciò che vuole Bashar al Assad e ciò che stanno favorendo i suoi alleati russi e iraniani. Ma cosa succederà dopo?

Ho rivolto la domanda a un alto funzionario iraniano. “Dove vi porterà questa situazione? Qual è il vostro obiettivo di guerra?”. Ecco i cinque punti, in gran parte contraddittori, che ha espresso nella sua risposta.

La stabilità regionale può essere raggiunta soltanto attraverso un negoziato tra Arabia Saudita e Iran

Il primo è che l’Iran vuole la stabilità della regione, perché la sua economia ne ha bisogno. Il secondo è che gli iraniani non hanno dimenticato la solitudine assoluta che hanno patito durante la guerra scatenata contro di loro da Saddam Hussein nel 1980 e per questo vogliono contare soltanto sulle loro forze, ovvero non vogliono rinunciare ai missili a lunga gittata. Il terzo è che soltanto gli europei potrebbero impedire a Donald Trump di sabotare il compromesso approvato nel 2015 sulla questione nucleare, ma sembrano poco propensi a una prova di forza nei confronti di Washington. Il quarto è che l’Iran non sta costruendo basi in Siria al confine con Israele, ma aiuta i siriani, su precisa richiesta, a costruire le loro basi. Il quinto punto, infine, è che la stabilità regionale può essere raggiunta soltanto attraverso un negoziato diretto tra Arabia Saudita e Iran, ma i sauditi si rifiutano di farlo.

Traducendo la risposta del funzionario iraniano, emergono tre elementi preoccupanti. Innanzitutto il compromesso nucleare è ormai morto e sepolto, perché gli iraniani non intendono fare le concessioni sui missili che permetterebbero agli europei di impedire agli americani di ritirare la loro firma. In secondo luogo la tensione con Israele rischia di aggravarsi, perché l’Iran sta effettivamente costruendo basi (iraniane o meno) alla frontiera israeliana. Infine la stabilità del Medio Oriente non arriverà a breve termine, perché i sauditi non sono disposti a riconoscere una zona d’influenza iraniana.

Il peggio deve ancora arrivare, e l’unica domanda che potremmo rivolgere oggi a Vladimir Putin è la seguente: in che modo tutto questo serve al suo paese?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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