08 giugno 2018 10:56

Il messaggio è arrivato a raffiche. A Ottawa, dove ha incontrato il primo ministro canadese Justin Trudeau alla vigilia dell’apertura del G7 del Québec prevista per l’8 giugno, Emmanuel Macron ha dichiarato che “la volontà comune è quella di trovare un testo firmato dai sette paesi, ma questa volontà non dev’essere più forte delle nostre esigenze”.

Poi il presidente francese ha sottolineato che “se gli Stati Uniti procederanno verso l’isolazionismo e l’egemonia brutale sarà una scelta sbagliata per gli americani”, prima di aggiungere che “forse per il presidente americano non è un problema ritrovarsi isolato, ma per noi non è un problema passare da sette a sei, se sarà necessario”.

Il tono si è inasprito una frase dopo l’altra. “Sarebbe sbagliato per noi dire che siamo pronti a rinunciare a tutto”, ha aggiunto Macron, “dire che siamo disposti a rinunciare all’accordo di Parigi, al clima, al commercio”. A quel punto il presidente aveva già appoggiato la pistola sul tavolo, e affinché il suo discorso fosse perfettamente chiaro ha ricordato che “il mercato degli altri sei paesi del G7 è più grande del mercato americano”, cosa che corrisponde alla verità.

Nuove alleanze
Con questa frase Macron ha sottolineato un rapporto di forze che non è solo statistico, anche se è ancora da costruire. Il presidente francese ha chiesto “quale credibilità avrebbe un accordo fra Trump e la Corea del Nord se rinnegassimo l’accordo sul nucleare iraniano” e ha ricordato che “nessuno di noi è eterno” per far presente che Trump non durerà per sempre, annunciando infine che prima di affrontare il presidente statunitense i leader europei del G7 si consulteranno nella mattinata dell’8 giugno, su iniziativa proprio della Francia.

È inutile spulciare gli archivi o parlare con i sopravvissuti dei tempi passati. La verità è che mai prima d’ora, nemmeno quando il generale De Gaulle è uscito dal comando integrato della Nato o ha criticato l’intervento americano in Vietnam, i rapporti erano stati così tesi, distanti, amari e compromessi, non solo tra Francia e Stati Uniti ma tra gli Stati Uniti e tutti i loro alleati, europei, giapponesi e canadesi.

Il G7 non esiste più. C’è il G6+1. Emmanuel Macron ha tratto questa conclusione ritenendo che la posizione americana “permetta di rafforzare l’Europa” e di “rafforzare gli accordi tra i 6 e costruire un’alleanza più ampia per evitare che il mondo ne esca destabilizzato”.

Con queste parole Macron voleva dire che l’Europa deve trovare nuovi alleati, Cina, Giappone, India o più probabilmente Russia e Canada?

Forse. Ciò che è apparso chiaro è che, come abbiamo ripetuto spesso in questa rubrica, a forza di destabilizzare tutto e tutti Donald Trump si sta affermando come padre fondatore dell’Europa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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