09 novembre 2014 13:13

Atterrando all’aeroporto internazionale Augusto C. Sandino di Managua si viene assaliti da un vento caldo e dall’umidità tropicale. Ma non è un fatto che sorprende. A colpire invece è il clima di emergenza: tutti, dai funzionari agli addetti alla sicurezza e al controllo passaporti fino ai responsabili al ritiro bagagli, indossano una mascherina e i guanti di lattice. Sono le precauzioni imposte dal governo sandinista di Daniel Ortega contro l’ebola. La stessa scena si ripete in albergo. Ma appena si lascia la capitale, la paura del contagio diminuisce e il paesaggio cambia. Le case si diradano e ovunque ci sono vulcani, colline, alberi.

Percorriamo la Panamericana per raggiungere il dipartimento di Nueva Segovia e vedere come lavorano alcune cooperative dell’Unión de agricultores y ganaderos de Quilalí (Ugaq). Dal 2010 il Programma alimentare delle Nazioni Unite (Wfp) del Nicaragua assiste queste cooperative nell’ambito del progetto Purchase for progress (P4p, acquisti per il progresso).

Quilalí, Nicaragua. (Camilla Desideri, Internazionale)

“In Nicaragua nessuno muore di fame”, spiega il vicedirettore del Wfp del Nicaragua, Marc Regnault de la Mothe, “ma la malnutrizione è molto diffusa. In alcuni casi è acuta e le conseguenze negative sulla salute sono più durature soprattutto se la sottoalimentazione avviene nei primi anni di vita”. Il programma P4P è nato per aumentare la sicurezza alimentare dei piccoli produttori, offrirgli la certezza di un mercato per il grano, rafforzando le loro competenze e incoraggiandoli a produrre di più.

Per avere un’idea più precisa della dimensione del problema, ecco qualche dato.

  • Il Nicaragua è il secondo paese più povero dell’America Latina dopo Haiti e il più grande del centroamerica, con una popolazione di 5 milioni e mezzo di abitanti.
  • La sua economia si basa soprattutto sull’agricoltura, il 42 per cento delle famiglie vive in povertà e il 15 per cento in povertà estrema.
  • I numeri sono più alti nelle aree rurali, dove i cittadini che vivono in estrema povertà raggiungono il 63 per cento.
  • La malnutrizione cronica nei bambini sotto i 5 anni è del 17 per cento. Nelle zone dove è presente il Wfp l’arresto della crescita nei più piccoli supera il 30 per cento.

A questo, sottolinea Marc Regnault de la Mothe, “si aggiunge una grande vulnerabilità al cambiamento climatico e ai fenomeni naturali come uragani, tempeste, alluvioni e terremoti, con danni gravi per i raccolti e quindi per i piccoli agricoltori”. Solo negli ultimi quarant’anni il Nicaragua è stato colpito da più 53 disastri naturali, con perdite altissime.

Quilalí si trova 264 chilometri a nord di Managua e gli abitanti di questo municipio vivono soprattutto di agricoltura e commercio, coltivano caffè, mais, fagioli, banane e qualche verdura. Vendono i loro raccolti e mangiano quello che coltivano. I produttori che fanno parte dell’Unione delle cooperative (Ugaq) sono circa 150 e dal Wfp ricevono supporto nella produzione delle colture, assistenza tecnica e formazione, macchinari più moderni e servizi di trebbiatura.

Ivania Mejilla Benavides è la responsabile di una delle undici cooperative della Ugaq e fa da guida a giornalisti, delegati del governo e responsabili del Wfp attraverso campi di grano, alberi di yucca, banani e macchine che puliscono i fagioli (i nicaraguensi preferiscono i fagioli rossi, ma quest’anno il loro prezzo è aumentato e quindi sono spesso costretti a ripiegare sui frijoles negros, i fagioli neri normalmente destinati all’esportazione).

Ivania Mejilla Benavides. (Camilla Desideri, Internazionale)

Nella sua cooperativa, spiega Benavides, lavora tutta la famiglia e ognuno, dal marito ai figli, aiuta nella semina e nel raccolto. Secondo Benavides il P4P è un aiuto fondamentale e funziona bene. Quando le chiedo quale aspetto potrebbe essere migliorato, non risponde ma spiega che per i piccoli agricoltori la minaccia più grave è la siccità (la stagione secca va da novembre a maggio): se si perde un raccolto, quello successivo non può essere venduto, ma è usato per alimentare la famiglia.

La siccità è un problema grave nel paese e torna spesso nelle parole e nei racconti dei piccoli contadini, spaventati dall’eventualità di perdere i loro raccolti. Per Rosa Emilia Espinales García, occhi vivaci e personalità forte, forse perché è vicepresidente di una cooperativa dove tutti gli altri soci sono uomini, il programma P4P è stato importante anche perché ha dato alle donne una collocazione e un ruolo che prima non avevano: “Ci siamo sentite appoggiate e sostenute. Ora abbiamo l’opportunità di fare parte delle cooperative e di ricoprire incarichi di qualsiasi tipo, e abbiamo anche gli stessi diritti degli uomini”. Rosa Emilia Espinales García non accenna alla siccità, ma afferma con decisione che un ulteriore passo avanti sarebbe dare alle donne il diritto di proprietà sulla terra che coltivano.

La visita finisce con tanti ringraziamenti e strette di mano, in questa zona la gente è allegra e calorosa. E prima dei saluti finali, le donne della comunità invitano tutti a mangiare una zuppa di gallina preparata per l’occasione, accompagnata da riso e tortillas. Come dicono da queste parti, con la pancia piena anche il cuore è felice.

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