12 aprile 2017 19:00

Non posso dire di avere un’opinione netta sull’uso dell’instant replay nelle partite di calcio. Ma questo strumento, in molti modi, ci fa riflettere sulla relazione che abbiamo con l’immagine. Le stesse istituzioni del gioco del calcio si chiedono se “le immagini video possano portare le prove incontestabili che una decisione dell’arbitro sia completamente sbagliata”.

L’eterno dilemma tra il vero e il falso dell’immagine (e dunque sulla possibilità che un’immagine possa essere veicolo di “verità”) e l’idea che un video possa trascendere le approssimazioni dell’occhio umano sembrano davvero discorsi d’altri tempi. E invece, come per sottolineare il nostro senso di malessere davanti a una fiducia cieca nella superiorità dell’immagine, e per evitare che gli arbitri non siano risucchiati dalla lotta tra mondo reale e rappresentazione, esistono degli arbitri specializzati.

Lavorano all’esterno, fuori dallo stadio, in uno di quei container per postazioni televisive. Siedono davanti a una serie di schermi con vari punti di vista e, in caso di dubbio, ci si può appellare a loro. Nella sua immensa saggezza, il diritto, ovvero la legge, non riconosce a una fotografia o a un video un valore di prova. Ma nel gioco del calcio si fa un’eccezione e l’immagine avrà sempre l’ultima parola. Anche se non saremo mai certi che sia “la verità”.

Questa rubrica è stata pubblicata il 7 aprile 2017 a pagina 102 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it