25 agosto 2017 15:15

Sono appassionato di calcio ma alle mie figlie non interessa per niente. Mi devo rassegnare ad andare allo stadio da solo? –Vito

Anche se ha solo sei anni, mi sono arreso all’evidenza: mio figlio è eterosessuale. Alla faccia di chi teme che un bambino cresciuto da due padri diventi gay, lui è la piccola enciclopedia dello stereotipo maschile. La sua prima parola non è stata “papà” ma “yaa!”, e me l’ha gridata dal fondo del lettino mentre mi scagliava in testa la spada con cui va a dormire. Pochi mesi fa, mentre tutto il parentame impazziva per la neonata di mia sorella, lui era l’unico a non degnarla di uno sguardo. E quando ho provato a mettergliela in braccio me l’ha subito restituita dicendo: “È troppo pesante”. Un paio d’anni fa gli ho spiegato che io m’innamoro dei maschi e lui mi ha detto: “Ma non è meglio sposarsi una bella donna?”. Benissimo: oltre che etero mio figlio è pure omofobo.

Ma c’è di più: adesso mi fa strani discorsi sulla religione. “Papà tu credi in Jesus?”, mi chiede continuamente in quel misto di italiano e inglese che parla da quando abitiamo a Londra. L’ennesima volta che gli ho detto no, io non credo in Jesus, mi ha aggredito: “E allora si può sapere a te chi ti ha creato?”. Benissimo: mio figlio è etero, omofobo e pure aggressivamente cattolico.

Direi che in confronto il tuo problema con il calcio non è così grave, no? I bambini vanno guidati ma anche educati a coltivare le loro passioni a prescindere dalle nostre. Le tue figlie troveranno lo sport che le appassiona e mio figlio magari si farà prete, chissà. Su quel dettaglio della leggera omofobia, però, dovrò fargli un discorsetto.

Questa rubrica è stata pubblicata il 25 agosto 2017 a pagina 25 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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