02 novembre 2021 17:20

Karin Krog (Oslo, 1937) è una delle più grandi cantanti jazz europee. La sua carriera è cominciata in Norvegia a metà degli anni cinquanta: fin da giovane era nota nel giro dei club di Oslo per la sua capacità d’improvvisare e per la sua versatilità nelle jam session. È cresciuta ascoltando Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan e Billie Holiday, ma ha subito cercato uno stile proprio: per lei il canto è soprattutto una questione di ritmo e di fraseggio e come solista cerca sempre la sintonia con i suoi musicisti; non è una vedette ma una strumentista in mezzo ad altri strumentisti. E nel corso della sua lunga carriera ha lavorato con i migliori: tra i più noti, Dexter Gordon, Don Ellis, Archie Shepp e John Surman, di cui è la compagna.

Krog, da buona scandinava, è sempre stata attratta dalla forma canzone. Pur essendo una jazzista molto interessata alle avanguardie e alla sperimentazione, cerca sempre di non tradire la canzone, di non frammentarla, di non manipolarla. I musicisti scandinavi (dalla classica al pop, da Edvard Grieg agli Abba) dimostrano da sempre rispetto per la melodia e attaccamento per la loro tradizione folkloristica. Karin Krog, pur essendo una musicista di respiro internazionale, non fa eccezione: il compositore, violinista ed esperto di folk scandinavo Anders Heyerdahl (1832-1918) era il suo bisnonno e lei è cresciuta nella piena consapevolezza delle radici tradizionali della musica del suo paese.

Questo amore per la melodia e per la canzone l’accompagna per tutta la carriera: “Mi piace togliere più che aggiungere quando canto”, ha detto, “ma cerco sempre di restare con la canzone”. E Krog, anche nei suoi momenti più spiritati e sperimentali, rimane sempre fedele alla musica, anche quando non si tratta necessariamente di una canzone propriamente detta.

L’intero album We could be flying, registrato nel 1974, è una dimostrazione di come Krog possa essere una cantante libera, volubile e imprevedibile pur restando sempre, come dice lei, “con la canzone”.

I primi anni settanta sono stati un’epoca d’intensa sperimentazione per Krog. Come molti altri musicisti di quell’epoca sentiva che il jazz propriamente detto si stava contaminando e stava cambiando forma: s’ibridava con il funk, con la musica sudamericana, con il rock e con la psichedelia e a lei, musicista intelligente, colta e curiosa, sembrava una prateria immensa da esplorare. Per We could be flying, interamente registrato nell’estate del 1974 ai Rosenborg studios di Oslo, Karin Krog mette insieme un terzetto eccezionale, soprattutto dal punto di vista ritmico: al basso Steve Swallow (compagno di un’altra grande jazzista, Carla Bley), alla batteria e percussioni Jon Christensen e al pianoforte il fidatissimo Steve Kuhn.

Al centro dell’album c’è il materiale composto da Kuhn, quattro pezzi originali che sembrano amorevolmente concepiti per far risaltare la sua vocalità. E poi canzoni scelte per ampliare al massimo la tavolozza dei colori di quest’opera a metà tra jazz, pop e sperimentazione. Sometime ago è uno standard del compositore argentino Sergio Mihanovich e la traccia che dà il titolo all’album, We could be flying, è una composizione di Michel Colombier e Paul Williams, entrambi visionari autori di musica da film. La splendida Sing me softly of the blues è invece una canzone scritta dalla stessa Krog insieme a Carla Bley.

Hold out your hand si avventura in un territorio un po’ fusion, simile a quello esplorato dalla cantante jazz brasiliana Flora Purim, mentre All I want è una cover, forse un po’ troppo rispettosa, del classico di Joni Mitchell. We could be flying è insomma un album giocoso, visionario e molto “groovy” che incarna gli ideali di libertà, di esotismo e di sperimentazione della prima metà degli anni settanta. È uno di quegli album di cui parla anche la copertina: la bizzarra illustrazione dell’artista francese Christian Lepère, piena di strane creature volanti, a metà tra incisione barocca e surrealismo, fa da perfetta introduzione a un lavoro memorabile in cui convivono capriccio e rigore, tradizione e sperimentazione.

Karin Krog
We could be flying
Polydor, 1974

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