27 settembre 2022 12:52

Nel 1969, dopo il successo di Easy rider, un film che era diventato un fenomeno controculturale sia negli Stati Uniti sia in Europa, Peter Fonda, coprotagonista e autore della sceneggiatura insieme al regista Dennis Hopper, a Hollywood ha carta bianca. Non è difficile per lui ottenere dagli Universal studios pieno controllo artistico sul suo nuovo lavoro: The hired hand (in italiano Il ritorno di Harry Collings).

Il film, di cui Fonda è regista e protagonista, viene sceneggiato con lo scrittore scozzese Alan Sharp ed è uno strano western intimista e amaro, a metà strada tra il cinema di genere e il New american cinema. È una storia senza eroi e senza lieto fine, con personaggi silenziosi, rustici e disperati, immersi in un paesaggio meraviglioso e spietato. Si parla di amicizia, di orgoglio, di una coppia taciturna che si allontana e si ritrova, sullo sfondo di una società avida e violenta. La prima cosa che colpisce del film, prima ancora della trama e della presenza quasi scultorea dei personaggi, è la luce che quando colpisce i volti, i capelli, le foglie dà vita a sequenze che potrebbero sembrare quadri impressionisti su pellicola o prolungati trip da lsd.

Il direttore della fotografia, Vilmos Zsigmond, ha visto proprio in questo uso della luce la prima ragione dell’insuccesso del film come western: “Era troppo vero, sembrava un film europeo”, ha detto anni dopo. Ed è, rivisto oggi, anche troppo psichedelico e arcadico con i suoi tempi dilatati e l’attenzione spasmodica per ogni minimo sbrilluccichio tra le foglie o sciabordio d’acqua. È a tutti gli effetti uno stralunato, indecifrabile “western hippy”. Ovviamente sono proprio queste caratteristiche a renderlo un fallimento così memorabile. Solo nel 2001 viene rivalutato e propriamente riscoperto.

Un altro elemento memorabile di The hired hand è la sua colonna sonora, interamente composta e realizzata dal musicista e chitarrista folk Bruce Langhorne (1938-2017). Gli studios si oppongono alla scelta di Peter Fonda perché non hanno mai sentito nominare Langhorne, ma a Fonda basta dire che aveva suonato con Bob Dylan in Bringing it all back home e che la canzone Mr Tambourine man era ispirata proprio a lui che, in studio, percuoteva un grande tamburo a cornice turco rimediato in un negozio del Greenwich village. Langhorne, a cui mancano due dita e mezza per un incidente avuto da bambino, aveva suonato con tutta la scena del Village ed è a tutti gli effetti uno dei padri dimenticati del folk rock.

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Peter Fonda chiama Langhorne come hired hand (lavorante a cottimo) proprio per la sua capacità di suonare, da virtuoso, tutti gli strumenti tradizionali nordamericani. Langhorne si chiude nel garage della sua nuova casa di Laurel Canyon, a Los Angeles, con un registratore Revox a due tracce e, con l’aiuto della sua compagna Natalie Mucyn che gli fa da tecnica del suono, mette insieme questa idilliaca e minimale colonna sonora che dura, in tutto, solo 24 minuti. Langhorne unisce i suoni di banjo, violino, chitarra, armonica, dulcimer e organo Farfisa che, pur essendo un brevetto italiano degli anni cinquanta, negli Stati Uniti aveva abbondantemente sostituito la fisarmonica. Il disco è formato da undici brevissime tracce che galleggiano in un silenzio sospeso, che sembra anch’esso uno strumento, proprio come in certi pezzi ambient di Brian Eno. È strano pensare che The hired hand sia il primo album solista di questo musicista che, ironia della sorte, era stato usato come hired hand da una grande quantità di superstar, da Bob Dylan a Odetta, passando per Buffy Sainte-Marie e il jazzista sudafricano Hugh Masekela.

La musica di questo album dimenticato ci si addensa intorno come una materia sottile. È inafferrabile e fantasmatica, come “la sostanza dei sogni” di cui parla Shakespeare nella Tempesta, una materia che in qualche modo ci è anche molto familiare: è la trama sottile di cui sono fatti tanti dischi posteriori che abbiamo amato: da Dylan, naturalmente, a Bruce Springsteen e Lucinda Williams nei loro momenti più arcadici, da Linda Perhacs a Emmylou Harris, dagli Iron and Wine ai Fleet Foxes, passando per i Bon Iver di For Emma forever ago.

Bruce Langhorne
The hired hand original motion picture soundtrack
1971 (Scissot tail, 2012)

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