11 dicembre 2018 16:43

La formula è: “Non condivido niente di ciò che dice ma è bravo”. Sono parole che hanno già fatto capolino a sinistra, prima per Berlusconi, poi per Renzi, ora per Salvini. A esse in genere si ricorre quando qualcuno, di cui abbiamo detto peste e corna, di colpo ha un grande successo e occupa un posto di potere.

A quel punto lì dove non c’era ombra di merito, ecco che i meriti balzano agli occhi. Quali? Grande cultura? Notevole statura morale? No. L’omaggio viene tributato, spesso da esperti del settore, perché il politico di cui si parla sa stare alla grande su tutti i possibili schermi. Naturalmente in questo non c’è niente di male, bisogna abitare a pieno il nostro tempo e il nostro tempo considera questa disposizione una gran qualità.

Il problema è che quella formula separa ciò che si dice da come lo si dice. Salvini gonfia il petto, spara parole triviali che avvelenano un paese già abbastanza avvelenato e poi fa un sorriso-tic da buon ragazzo, come per dire: forse ho un po’ esagerato. A molti, moltissimi, questa sembra bravura, a qualcuno no. E va bene, ma a patto che non si separino i veleni e le smorfie, a patto che si sappia che quella mistura può preparare l’alambicco per una mistura ancora più letale. Andrebbe evitato insomma di complimentarsi disapprovando. Non si tessono le lodi di come è servito bene in tavola un cibo guasto. È pericoloso.

Questo articolo è uscito il 30 novembre 2018 nel numero 1285 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero| Abbonati

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