05 gennaio 2016 18:51

“Fotografa di moda lo sono e lo rimarrò, questo posso dirlo, ma oltre a questo io fotografo, senza un fine, tutto e niente, quello che voglio e che non si somiglia”. (Sarah Moon)

Nel centro per l’arte contemporanea Deichtorhallen, ad Amburgo, è in corso una grande retrospettiva dedicata alla fotografa francese Sarah Moon, di cui sono esposte più di 350 fotografie e cinque film.

Sarah Moon è un nome d’arte: Marielle Warin nasce a Vernon, in Francia nel 1941 da una famiglia ebrea, costretta a lasciare il paese per il Regno Unito a causa dell’occupazione nazista. Negli anni sessanta è a Parigi dove lavora come modella, ma dal 1968 decide di passare dietro l’obiettivo con lo pseudonimo di Sarah Moon.

Rimanendo nel settore della moda, collabora con le maggiori riviste di settore e nelle campagne pubblicitarie di grandi firme come Cacharel, Dior, Chanel, Comme des Garçons e Issey Miyake. È la prima donna a realizzare un calendario Pirelli nel 1972 (e dopo di lei ce ne sono state poche altre).

A sinistra: Kassia Pysiak, 1998. A destra: Fashion 9, Yohji Yamamoto, 1996. (Sarah Moon)

Nonostante tutto questo, Sarah Moon non è solo una fotografa di moda. Non ci sarebbe nulla di male se lo fosse, ma le sue immagini si discostano decisamente dalla produzione media del genere. Non sono laccate e patinate, ma dischiudono un universo personale fatto di bianchi e neri sfocati, e colori pallidi che ci portano in un regno nutrito di miti e fiabe. Come spiegano i curatori della mostra di Amburgo: “Sarah Moon disturba lo spettatore. Lo sbalza fuori da uno spazio definito per trasportarlo su un piano diverso, fatto di caos e disarmonia. Le sue immagini riflettono qualità grafiche e pittoriche che emergono come se fossero dei ricordi sbiaditi”.

In un’intervista di qualche anno fa a L’Express, rivista dove aveva pubblicato le sue prime foto nel 1967, le viene chiesto se le viene mai voglia di fotografare la realtà: “Io creo delle situazioni che non esistono, cercando la verità nella finzione. Non sono capace di fare la reporter. L’immagine di moda invece evoca una donna a partire dall’abito che indossa e da dettagli come un gesto, la curva della sua nuca. È l’istante di un film che non farò mai”.

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