19 dicembre 2016 18:00

Discordia
Moises Saman, collage di Daria Birang, Autoprodotto (scelto da Rosy Santella)
Dal 2011 a oggi Saman ha lavorato tra la Tunisia, l’Egitto, l’Iraq e la Siria per raccontare “le voci, le emozioni e le incertezze” delle primavere arabe. Tra le migliaia di immagini, pubblicate sui giornali di tutto il mondo e conservate nel suo archivio, ne ha scelte 127, alcune delle quali sono state usate dall’artista Daria Birang per realizzare una serie di collage. “Sentivo che questo libro doveva includere le immagini d’impatto minore, che in genere sono trascurate, perché scattate qualche istante prima o dopo il momento più importante. E ho preferito inserire quelle in cui il soggetto è isolato dal contesto, per mostrare di più il linguaggio del corpo e la sua espressività”, ha spiegato Saman.

The complete essays
Luigi Ghirri, Mack (scelto da Rosy Santella)
“Luigi Ghirri ha cominciato a scrivere di fotografia nel momento stesso in cui è diventato un fotografo”, si legge nell’introduzione del libro, che è una raccolta di articoli, scritti per varie riviste e giornali, e appunti presi sul suo taccuino tra il 1973 e il 1991. The complete essays è un concentrato di storia della fotografia, in cui Ghirri mescola il lavoro di autori come Walker Evans, William Eggleston e Robert Adams con quello di musicisti, scrittori, pittori e registi come Mallarmé e Francis Bacon. Ma è anche una speciale forma di autobiografia. (Solo in lingua inglese).

Fuck it
Michele Sibiloni, Patrick Frey (scelto da Rosy Santella)
Sibiloni è nato e cresciuto in un piccolo paese dell’Emilia-Romagna. Quando è arrivato a Kampala, in Uganda, nel 2011, la prima cosa che ha notato è stata la quantità di persone che occupavano le strade, soprattutto durante la notte. Le sue immagini sono spesso mosse, a volte sfuocate, altre ancora illuminate dal flash. Mostrano bar, feste, giardini e ritraggono i protagonisti di quelle scene notturne: conducenti di taxi, guardie dei locali, prostitute, turisti e adolescenti. “Raccontano avventure notturne senza una bussola morale”, come ha detto l’autore.

Fuck it. (Michele Sibiloni)

Known and strange things: essays
Teju Cole, Penguin random house (scelto da Rosy Santella)
“Essere un nero che vive negli Stati Uniti vuol dire varie cose. È il nostro corpo la base da cui le altre persone partono per farsi un’idea su di noi”, scrive Teju Cole nel suo ultimo libro. Known and strange things: essays raccoglie articoli pubblicati su giornali e riviste di tutto il mondo, ma anche appunti, riflessioni, domande su quello che Cole ha incontrato, visto e scoperto: come per esempio alcuni luoghi in cui le persone vivono, spesso con difficoltà, ma che non riescono ad abbandonare. “Non guardo questi luoghi come un esperto, ma come un cittadino, e li uso come strumenti per riflettere”, scrive Cole. (Solo in lingua inglese).

Factory Andy Warhol
Stephen Shore, Phaidon (scelto da Rosy Santella)
Stephen Shore aveva solo 17 anni quando cominciò a frequentare la factory di Andy Warhol. Era il 1965 e Warhol chiamò Shore per chiedergli se voleva scattare delle foto durante le riprese di un suo film. Nelle immagini di Shore, personaggi come Lou Reed, Nico e John Cale sono ritratti dietro le quinte di uno dei laboratori artistici più famosi del mondo, colti in momenti spontanei e non in pose costruite. Questa nuova edizione del libro include decine di immagini inedite, tra cui i ritratti ad Allen Ginsberg, Yoko Ono e Marcel Duchamp, e soprattutto i primi provini a contatto che Shore abbia mai pubblicato.

Factory Andy Warhol. (Stephen Shore)

1% privilege in a time of global inequity
Myles Little (a cura di), Hatje Cantz (scelto da Giovanna D’Ascenzi)
Viviamo in un periodo storico segnato dalla disuguaglianza. Secondo l’economista Joseph Stieglitz è un dato evidente: il 10 per cento della popolazione ricca possiede l’86 per cento di tutta la ricchezza globale. Myles Little, photoeditor di Time, ha concepito un progetto che fosse in grado di parlare dei nostri tempi, come aveva fatto Edward Steichen nel 1955 con The family of man. Se la storica mostra celebrava l’umanità alla fine della guerra, questo libro entra nei tanti mondi in cui vivono i ricchi e li racconta da punti di vista diversi attraverso un piccolo gruppo di fotografi, tra cui Simon Norfolk, Anna Skladmann, Paolo Woods e Gabriele Galimberti. Autori raffinati che lavorano con il medio formato, anche loro esclusivi in qualche modo, perfetti per “prendere in prestito il linguaggio del privilegio e usarlo per criticarlo”, come afferma Little nell’introduzione.

In flagrante two
Chris Killip, Steidl (scelto da Giovanna D’Ascenzi)
Alcuni reportage definiscono meglio di altri lo spirito di un’epoca e di un paese. Nel 1988 uscì la prima edizione di In flagrante e fu accolto come un capolavoro del fotogiornalismo, in grado di influenzare le generazioni successive. Killip aveva viaggiato nel nordest dell’Inghilterra tra il 1973 e il 1985, gli anni del declino della classe operaia, reso inesorabile dalle politiche di Margaret Thatcher. Ventotto anni dopo, il fotografo ha deciso di pubblicare una nuova edizione: ha eliminato qualsiasi testo, dalle introduzioni di John Berger e Sylvia Grant alle poesie di William Butler Yeats, aggiungendo solo due foto e qualche riga in cui elenca i primi ministri che si sono succeduti nel periodo raccontato. Il libro diventa così una sequenza essenziale in cui le immagini prendono lo spazio di cui hanno bisogno, mostrando tutta la loro eloquenza.

Rocker and Rosie going home, Lynemouth, Northumberland, 1984. (Chris Killip)

Provisional arrangement
Martin Kollar, Mack (scelto da Giovanna D’Ascenzi)
È possibile fare uno studio visivo della temporaneità? Martin Kollar ci ha lavorato fin dall’inizio della sua carriera, viaggiando senza una meta precisa nei luoghi che un tempo appartenevano al blocco sovietico. Per il fotografo slovacco Provisional arrangement è un punto d’arrivo fondamentale, con cui smonta l’idea di stabilità ed eternità dietro la quale si reggeva un intero mondo politico e culturale. Da testimone del declino di questo sistema, Kollar sostituisce l’eternità con una sensazione d’instabilità, in cui nulla dura per sempre. Se apriamo la prima pagina del libro è impossibile smettere: bisogna arrivare fino alla fine perché, anche se a prima vista non ne cogliamo il senso, una foto dopo l’altra siamo trascinati dentro una realtà in bilico tra il divertimento e la catastrofe. Kollar crea una tensione, mai interrotta da elementi testuali, su cui costruisce il suo elogio dell’incertezza.

Girl plays with snake
Claire Strand, Mack (scelto da Giovanna D’Ascenzi)
Claire Strand odia i serpenti, ma fin da giovane colleziona immagini che li ritraggono. Un giorno sua figlia torna da scuola raccontandole di avere tenuto un serpente tra le mani: l’evento la disturba, ma le dà anche la giusta ispirazione per realizzare l’opera su quello che detesta di più al mondo. Arricchisce la sua collezione setacciando i mercatini dell’usato e eBay, concentrandosi su donne che posano con i serpenti. Successivamente affianca alle immagini delle poesie create usando esclusivamente generatori automatici di testi trovati su internet. L’unico punto di partenza dei testi è una frase scritta dietro a una delle fotografie, “girl plays with snake”. L’artista britannica segue così le suggestioni della scrittura automatica surrealista, mettendo a punto un lavoro di ricerca e manipolazione della cultura popolare e del mezzo fotografico, che affonda le sue radici in un territorio di confine tra repulsione e attrazione. Oppure più semplicemente, come afferma Strand, “non è un libro di fotografia in senso tradizionale e non è nemmeno un libro sui serpenti”.

Provisional arrangement. (Martin Kollar)

Ueda
Shōji Ueda, Chose Commune (scelto da Christian Caujolle)
Seconda e ultima edizione. Rimangono solo pochi esemplari di questo libro, che è uno dei migliori degli ultimi anni, su un fotografo giapponese (1913-2000) fondamentale. Un poeta, nel suo modo di creare le situazioni e nella sua capacità unica di avvicinarsi al mondo dell’infanzia o di giocare con il colore come fosse un pittore. La casa editrice è giovane e indipendente, e sceglie titoli eccellenti. Su Ueda c’è anche l’edizione Photo poche, unico altro libro disponibile dedicato al suo lavoro.

Provoke
Between protest and performance, Le Bal/Steidl (scelto da Christian Caujolle)
L’ampio catalogo della mostra itinerante fa il punto su un movimento durato molto poco ma che è stato fondamentale. I tre numeri della rivista omonima pubblicati nel 1968 e 1969  introvabili, quindi invisibili sono integralmente ripubblicati e inseriti nel contesto turbolento del Giappone dell’epoca. Una fotografia sgranata, dai contrasti forti, dalla soggettività marcata per riuscire a esprimere i sentimenti, le emozioni, la rabbia di un mondo che perde la sua identità. Un’immersione nella materia stessa della fotografia e nell’oscurità del mondo, ma anche in un movimento i cui effetti sono visibili ancora oggi, come le tracce di Daido Moriyama e Araki nelle immagini di Anders Petersen e Antoine d’Agata.

Piazzetta Reale, Milano, 2011. (Gabriele Basilico)

JH Engström
JH Engström, Revoir, Journal/Akio Nagasawa (scelto da Christian Caujolle)
Rivedendo i negativi che avevano dato vita al suo primo mitico libro,Trying to dance (2004), quello di Engström è uno dei volumi notevoli della stagione. Le immagini a colori stampate in negativo, il ritmo, i diversi punti di vista, gli autoritratti e la varietà dello stile. Dal nudo al ritratto, dai paesaggi urbani alla natura morta “trovata” di avanzi di cibo, mescolando il bianco e il nero in uno strano colore. Tutto conduce a un autoritratto, mai narcisistico, sempre sull’orlo del collasso. La struttura, la falsa narrazione, un’incredibile libertà e un ampio respiro come certi paesaggi che sembrano senza limite ne fanno già un libro da collezione, che andrà senza dubbio presto esaurito.

Basilico Milano
Gabriele Basilico, Contrasto (scelto da Christian Caujolle)
Non possiamo capire Basilico se ignoriamo la relazione che ha avuto con la sua città. Una relazione intima, fatta di passione e di rifiuto, con questo porto, verso il quale è sempre tornato. Vedendo per la prima volta raccolte le sue immagini di Milano, scopriamo fino a che punto sia stato un analista dell’urbano, capace di fotografare sia il Duomo sia l’architettura contemporanea della città. Come sempre, anche questo libro è una vera lezione sul senso della scelta, dell’angolazione e del punto di vista. Magistrale.

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