03 giugno 2016 16:41

Non è semplice orientarsi in quel grande luna park della musica che è il Primavera sound di Barcellona. Per riuscire a vedere tutti i concerti previsti, ammesso che ci si riesca, bisogna costruirsi un proprio algoritmo, una mappa mentale da seguire con testardaggine.

Non c’è un solo Primavera sound, un festival collettivo vissuto da tutti nello stesso modo. Ce ne sono diversi, frammentati, che a volte si incrociano. Lo si capisce dalle storie raccontate il giorno dopo, dalle immagini e dai video postati dagli altri sui social network.

L’offerta musicale dell’edizione 2016 non ha fatto che esasperare questo aspetto: la quantità di musica e di gente che affolla i 13 palchi del Parc del Fòrum, appena fuori dal centro della città catalana, è davvero tanta.

Così, con uno spirito da primo giorno di scuola, ho cominciato il Primavera sound con il concerto degli Algiers, sotto il sole ancora caldo. Come primo concerto poteva andare meglio. La band di Atlanta spinge sull’acceleratore, ma paga l’orario e forse il fatto di essere su un palco troppo grande, l’Heineken, dove suonano tutti i gruppi principali. Non sono ancora pronti.

Mi è andata decisamente meglio con i Car Seat Headrest, band statunitense guidata dal giovane Will Toledo, che hanno suonato sul palco Primavera alle 19. Il gruppo ha dovuto combattere con un’equalizzazione dei volumi non proprio impeccabile: poca voce, basso quasi a zero e troppe chitarre, almeno dal punto dove mi trovavo. Nonostante questo, i Car Seat Headrest hanno portato a casa una buona esibizione, dimostrando di avere in mano solide canzoni indie rock a cavallo tra Pavement, Radiohead prima maniera e Strokes.

C’è stato anche tempo per un piccolo omaggio al gruppo di Thom Yorke, quando i Car Seat Headrest hanno incastrato dentro la canzone Vincent un pezzo di Paranoid android. Will Toledo e compagni sono promossi, anche se andrebbero rivisti in condizioni acustiche migliori.

Seguire la mappa disegnata a inizio giornata non è semplice. Così capita di ascoltare solo venti minuti del concerto dei BEAK>, progetto parallelo di Geoff Barrow dei Portishead, e di rimpiangere di non averlo visto tutto, per la qualità ritmica e l’atmosfera che la band riesce a creare perfino in un contesto caotico come quello del festival catalano.

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Il vincitore del giorno, per quanto mi riguarda, è Kamasi Washington, il jazzista statunitense che si è esibito all’Auditori Rockdelux alle 21. Il suo è un jazz piuttosto tradizionale, che omaggia John Coltrane e Sun Ra strizzando un po’ l’occhio al soul e al funk. Ma la sua musica, soprattutto dal vivo, è trascinante.

Bastano poche note del suo sax, accompagnato dalla notevole band The next step (quasi al completo) per sentirsi dentro un club di New York e aver voglia di ballare. Menzione d’onore per i due batteristi, Ronald Bruner Jr e Tony Austin, lasciati soli per un brano nel quale hanno dialogato tra di loro con le bacchette. Sarà difficile vedere un concerto più bello a questo Primavera sound.

Un altro live di alto livello è stato quello del genietto Floating Points, il cui vero nome è Sam Sheperd, musicista e neuroscienziato britannico che mescola con imbarazzante naturalezza elettronica, hip hop e jazz. Accompagnato da basso, chitarra e batteria, Sam Sheperd si è dedicato ai sintetizzatori ricreando in modo impeccabile i suoni spaziali del suo album d’esordio Elaenia.

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Di tutto rispetto anche l’esibizione di John Carpenter, maestro del cinema statunitense che si è messo in gioco per suonare con una band dalla forte impronta rock le colonne sonore dei suoi film, da 1997: fuga da New York alla Cosa, da Halloween al Signore del male. Carpenter ha la sua età, ma sembra una rockstar consumata dietro la sua tastiera, mentre mastica la gomma e annuncia i brani con enfasi, ma anche con la giusta dose di autoironia.

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All’una e dieci, già con sette concerti sulle spalle, mi sono fatto coraggio buttandomi in mezzo alla calca per ascoltare gli headliner del secondo giorno di festival: gli Lcd Soundsystem. È stato faticoso, ma ne è valsa la pena. La band di James Murphy, tornata sui palchi l’anno scorso dopo qualche anno di pausa, è in grande forma e, come noto, ha una discreta familiarità con il concetto di groove. A partire dall’apertura di Us v them, il loro concerto è stato una corsa a perdifiato, una macchina da hit (perlomeno da queste parti sono hit, a giudicare da come il pubblico le cantava a squarciagola).

Tra i momenti migliori dello show ci sono stati sicuramente Yeah, il flusso di coscienza di Losing my edge e soprattutto All my friends, chiusa da un bel coro di quasi tutto il pubblico presente. La sezione ritmica degli Lcd Soundsystem non ha perso un colpo e James Murphy ha davvero una gran voce. Un bel premio per tutte le spinte ricevute e una motivazione in più per cominciare a costruire la mappa del giorno dopo. Al Primavera sound arrivano i Radiohead e la calca della scorsa notte è stata solo l’antipasto.

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